Il contributo specifico delle donne all’evangelizzazione e al carisma. Una presenza per estendere l’azione missionaria

Sappiamo che sant’Eugenio de Mazenod non ha mai fondato un ramo femminile della congregazione oblata ai suoi tempi (oggi c’è, per fortuna!). L’annuncio del Vangelo, la predicazione attraverso le missioni popolari, il ministero della misericordia di Dio nella confessione e, più in generale, lo stile di vita missionario, non erano appropriati per le donne nel contesto culturale del tempo. Tuttavia, sappiamo che molte congregazioni religiose e istituti secolari femminili sono stati fondati da missionari Oblati: potremmo dire che la radice era sant’Eugenio, ma i frutti sono venuti dai suoi Oblati. In ogni caso è legittimo chiedersi: cos’è il “femminile” nel carisma oblato? In che modo il carisma oblato può essere espresso e vissuto dalle donne? Qual è il sapore, il colore, la tonalità che può essere data dal “genio femminile” al carisma oblato?

La missione della donna

È utile focalizzare due aspetti distintivi che il carisma oblato e il genio femminile condividono. Il primo è la ‘missione’. Non è necessario ricordare quale sia la missione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata; è forse più appropriato ricordare qual è la missione della donna, secondo la chiesa. Nell’esortazione Christifideles laici (1988) di Giovanni Paolo II, leggiamo che la donna «è abilitata e impegnata all’apostolato fondamentale della chiesa: l’evangelizzazione. D’altra parte, proprio nel compimento di questo apostolato, la donna è chiamata a mettere in opera i suoi ‘doni’ propri» (n. 51). Quali doni le sono propri? La chiesa ha prestato molta attenzione a ciò che Giovanni Paolo II ha definito “il mistero della donna”. Nella lettera apostolica Mulieris Dignitatem (1988) egli parla del rischio di una “graduale scomparsa della sensibilità per l’uomo, per ciò che è essenzialmente umano”. Egli scrive: «In questo senso, soprattutto i nostri giorni attendono la manifestazione di quel ‘genio’ della donna che assicuri la sensibilità per l’uomo in ogni circostanza» (n. 30).

La predica di Eugenio alle donne

Nella sua famosa omelia nella chiesa della Maddalena nel 1813, sant’Eugenio parlava alle classi sociali più basse, descrivendo la loro condizione, aiutandole a prendere coscienza di cosa fossero davanti a Dio e davanti al mondo. Proviamo a trasferire quelle parole nel linguaggio corrente: chi sono i poveri ai quali siamo inviati? A chi dobbiamo rivolgere parole di speranza e, come sant’Eugenio, dire ‘Tu sei figlio di Dio’, e citando S. Leone, ‘riconosci la tua dignità’? Di certo questa è una domanda che rimane aperta: abbiamo bisogno di monitorare continuamente i cambiamenti della realtà del mondo in cui viviamo, attraverso la nostra intelligenza e il nostro cuore, guidati dallo Spirito Santo, pronti a captare i bisogni che richiedono un annuncio missionario. Tuttavia, penso, essendo donna, laica e consacrata che condivide il carisma oblato, che abbiamo alcuni campi di missione preferenziali. Noi siamo immerse in almeno due contesti: il mondo femminile e il mondo del lavoro.

In questi contesti possiamo rendere presente sant’Eugenio oggi con queste parole: “Donne, chi siete agli occhi del mondo? Una classe di persone mercificate, valutate solo per il vostro sesso, esposte spesso anche a maltrattamenti nelle mani di partner esigenti e talvolta crudeli che pensano di avere tutto il diritto di trattarvi con umiliazione e violenza con il meschino amore che vi danno. Voi siete valutate per il vostro aspetto, per il vostro corpo: se siete attraenti e sessualmente facili, avete la speranza di fare carriera e guadagnare soldi, altrimenti dovete accontentarvi di un ingrato e mal pagato lavoro. Questo è ciò che pensa il mondo. E voi, dipendenti temporanei, lavoratori occasionali, chi siete agli occhi del mondo? Una classe di persone indifese, fannulloni incapaci di fare carriera, che scroccano ai propri genitori. Non avete il diritto di avere un futuro, siete condannati a non avere prospettive. Nessuno si preoccupa di assicurarvi un posto di lavoro, siete costretti ad andare all’estero per cercare un’occupazione”. Ora, spetta a noi dire, con sant’Eugenio: “Venite ora e imparate da noi cosa siete agli occhi della fede. Donne, donne sfruttate, voi che siete private della vostra dignità, sorelle mie, care sorelle, rispettabili sorelle, ascoltatemi. Voi siete figlie predilette di Dio, sue meravigliose co- operatrici nella difesa della vita, nella promozione umana, nella cura delle sue creature, nella diffusione della sua tenerezza, nel mostrare la sue bellezza e il suo amore materno. E voi, fratelli e sorelle che siete alla ricerca di un lavoro, voi che siete stati licenziati, lavoratori in cassa integrazione, disperati e scoraggiati amici, voi siete i figli prediletti di Dio, voi siete persone di valore, siete preziosi agli occhi di Dio, Egli vi ha dato talenti e un abbondanza di abilità umane, avete competenze, avete la più alta dignità. Dio solo è degno della vostra anima. Dio solo può soddisfare il vostro cuore”.

In altre parole, come donne laiche che condividono il carisma oblato, siamo chiamate ad annunciare l’alta dignità della persona umana in ogni situazione, non predicando (come gli Oblati), ma condividendo la condizione di coloro ai quali siamo inviate, nella consapevolezza che Gesù Cristo, il grande missionario, ha fatto lo stesso con l’umanità. Il mondo femminile e il mondo del lavoro sono due contesti nei quali l’azione missionaria degli Oblati non può arrivare direttamente. Ce ne sono molti altri: famiglie spezzate, persone ammalate… spesso abbiamo questo tipo di problemi tra i nostri genitori, i nostri amici o colleghi. Siamo talvolta chiamate a sostenere, confortare, assistere queste persone, star loro accanto, aiutarle ad essere coscienti della loro dignità: chi siete agli occhi del mondo? Chi siete agli occhi della fede? Sant’Eugenio ci chiama a stare lì, ad estendere il raggio dell’azione missionaria degli Oblati, ad essere una presenza invece che portare un annuncio.

L’Immacolata, modello della missione

Questo discorso ci porta ad introdurre il secondo aspetto distintivo in comune: ‘la Vergine Maria’. Conosciamo il significato della presenza di Maria Immacolata nella vita degli Oblati e il loro rapporto con lei. Cosa possiamo dire del rapporto tra Maria Immacolata e le donne? Nell’enciclica Redemptoris Mater (1987), Giovanni Paolo II diceva: «Alla luce di Maria, la chiesa legge sul volto della donna i riflessi di una bellezza, che è specchio dei più alti sentimenti, di cui è capace il cuore umano: la totalità oblativa dell’amore; la forza che sa resistere ai più grandi dolori; la fedeltà illimitata e l’operosità infaticabile; la capacità di coniugare l’intuizione penetrante con la parola di sostegno e di incoraggiamento» (n 46). Le donne che condividono il carisma oblato, dunque, hanno Maria Immacolata come modello della loro missione. Lei era una presenza tra gli Apostoli e una presenza tra le persone della prima comunità cristiana. Dunque le donne possono essere espressione della presenza di Maria Immacolata, del suo cuore pieno di misericordia e tenerezza, del suo amore materno. In rapporto agli Oblati, le donne spesso custodiscono e aiutano a far crescere i frutti della loro azione missionaria.

La fecondità della cooperazione uomo-donna

Nel mondo oblato, è davvero necessario il “genio femminile”, così come nella chiesa e nella società? Gli Oblati, di certo, possono scegliere di portare avanti il lavoro missionario con o senza la cooperazione delle donne, dipende dalle circostanze. A volte è difficile, altre volte è un successo. Nel migliore dei casi, dimostrano di essere fruttuosamente alleati. Vorrei dire che oggi, in ogni contesto, è importante annunciare l’alleanza uomo-donna che il mondo sembra aver perso e convertito in competizione, rivalità, a volte anche odio e disprezzo. Guardando all’attuale secolarizzazione, la diffusione delle cosiddette ideologie “gender” così come alcuni estremismi nel femminismo o nel sessismo, confermano che è necessario annunciare questa alleanza: uomini e donne non sono nemici che lottano tra loro. Nella loro diversità essi sono compagni, sono cooperatori, tra loro e con Dio. Nel nostro contesto oblato, assistiamo realmente a questa partnership e cooperazione? Le donne che vivono il carisma oblato condividono con gli Oblati la missione di difendere la dignità umana, specialmente dei poveri e dei senza voce. Inoltre, esse hanno la più alta missione di essere il volto di Maria Immacolata tra gli Oblati. Ciò vuol dire anche cooperare significativamente con gli Oblati nella loro azione missionaria, custodendo e facendo crescere i frutti della loro missione, sul modello della Vergine Maria tra gli Apostoli.

(Tratto da Missioni OMI 01-02/2016
Testo di Ileana Chinnici comi)