Quando si parla di missione, soprattutto rivolgendosi a chi è estraneo alle congregazioni che incarnano il carisma missionario, viene naturale pensare al terzo mondo. Nel nostro ricco Occidente è più facile pensare alle missioni popolari, alle missioni giovanili, a quelle missioni insomma che vedono come destinatari coloro che non hanno difficoltà economiche e che, invece, hanno bisogno di trovare, o ritrovare, una via per incontrare il Signore.

Guardando ad un paese come gli Stati Uniti, che siamo abituati a pensare come più ricco del nostro, forse anche influenzati nel giudizio dal cinema e dai turisti che ci raggiungono da oltre oceano, è difficile visualizzare la missione agli ultimi con destinatario chi non ha niente, al pari dei paesi del sud del mondo.

Dal dossier di questo numero emerge invece che alcune comunità oblate statunitensi hanno proprio a che fare con chi, scappato dal proprio paese per mancanza di opportunità lavorative o, peggio, per mancanza di sicurezza per sé e per la propria famiglia, migra verso nord in cerca di una nuova vita. Una missione inaspettata, una missione di confine: per chi lo passa e per chi non può superarlo e rimane intrappolato lontano da casa. Il continente americano vive in effetti una situazione migratoria sud-nord simile a quella che si verifica all’interno del continente africano e, come vediamo ogni giorno, fra l’Africa e l’Europa. Da quando Sant’Eugenio mandò i suoi missionari in Nord America per evangelizzare i nativi, tante cose sono mutate nella società di questo complesso continente. Oggi da un lato c’è bisogno – come in parallelo appuriamo nella nostra società europea – di una nuova evangelizzazione; dall’altro è richiesta, impellente, una risposta ai bisogni di chi si rivolge alla Chiesa con la mano tesa, senza altre speranze. Ai confini della nazione statunitense sono proprio i Missionari OMI coloro che tendono la mano, anche oltre quel lungo muro che i governi hanno eretto negli anni per tracciare una linea fra “noi” e “voi”. Ma questa distinzione nel Vangelo non è concepita: chi lo vive giorno per giorno non può che guardare oltre a quelle rugginose sbarre di ferro.

Accanto all’approfondimento sul Nuovo Mondo, in questo numero celebriamo anche il trentennale della morte di don Pino Puglisi, scoprendo come proprio il parroco di Brancaccio sia stato il tramite per far conoscere un gruppo di laici palermitani agli Oblati, accendendo la scintilla per dar vita all’attuale comunità AMMI di Palermo. E a fare da tramite fu p. Sergio Natoli, che ci ha lasciati proprio quest’anno e al quale dedichiamo un ricordo.