Carissimi,
desidero innanzitutto dare il benvenuto a tutti voi qui presenti, in particolare alle famiglie dei novizi e agli Oblati che sono arrivati dalla Spagna, p. Amador, p. Eutimio e tutti gli altri.
Siamo qui per ringraziare il Signore e per accompagnare con la preghiera i nostri quattro novizi, Carlos, Gonzalo, Petru e don Rosario, che oggi si consacreranno al Signore nel nostro Istituto missionario.
Stiamo celebrando una festività mariana. Potremmo considerare molti aspetti della vita di Maria, ma, in questa circostanza, vorrei approfondirne uno in particolare, la sua fedeltà al Signore che l’ha chiamata. Maria è fedele al Dio fedele. È questo il tema centrale dell’omelia di oggi: essere fedeli al Dio fedele.
Partendo dalle letture vorrei dare alcuni spunti di riflessione sul tema della fedeltà. È un modo per mettere in rilievo il nostro quarto voto, quello della perseveranza: “parimenti faccio voto… di perseverare in questo s. Istituto e nella Società dei Missionari Oblati della Santissima e Immacolata Vergine Maria” (C.62).
Vorrei precisare che questo voto non ha a che fare con qualcosa ma con qualcuno e cioè con il Signore, con la Congregazione, con l’umanità. Non si tratta di impegnarsi con costanza ad osservare delle regole o di essere perseveranti nel vivere bene alcune pratiche che ci sono richieste come Oblati o cose simili.
Il suo contenuto (del voto) ha a che fare con la fedeltà e la fedeltà ha a che fare con le persone. Lo esplicita bene la C. 29: «Il Signore Gesù “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv. 13, 1). Il suo Spirito non cessa d’invitare tutti i cristiani alla costanza nell’amore. Questo stesso Spirito spinge gli Oblati a legarsi più strettamente alla Congregazione, in modo che la loro perseveranza sia segno della fedeltà di Cristo al Padre».
Di Gesù si mette qui in evidenza il fatto che ha amato i suoi fino alla fine e che è stato fedele al Padre. Queste due realtà sono strettamente unite tra di loro: il suo amore per noi manifesta il suo amore per il Padre e la condivisione piena del suo progetto di salvezza per l’umanità.
Il suo esempio e soprattutto il dono del suo Spirito, come ci ricorda la C.29, spinge noi Oblati oggi a legarci più strettamente alla Congregazione in modo che questo legame sia un segno che rimandi alla fedeltà di Cristo al Padre. E siccome la Congregazione è la risposta concreta allo Spirito che l’ha voluta nella Chiesa per un compito specifico, portare l’annuncio del Vangelo ai poveri, allora perseverare nella Congregazione esprime la nostra adesione alla chiamata di Dio che ci coinvolge nella stessa missione di evangelizzazione del Figlio per il bene della gente, dei nostri fratelli e, in particolare, dei poveri.
Cosa fare per essere fedeli?
Offro qualche spunto a partire dalla Parola di Dio di oggi.
- Non dimenticare che la nostra fedeltà è ancorata sulla roccia della fedeltà di Dio per noi:
“Io nella tua fedeltà ho confidato” dichiara il salmista al Signore, nel Salmo che abbiamo ascoltato.
Dimenticare è uno dei peccati più gravi dell’Antico testamento. Non si riferisce, ovviamente, ad una questione fisica, ad una debolezza mentale, quanto piuttosto ad un atteggiamento esistenziale. Non si può essere veramente credenti, aver sperimentato Dio all’opera tante volte e in diversi modi nella nostra vita e poi dimenticare, cioè non credere, alla stabilità della sua fedeltà per noi.
La finale del Vangelo di oggi, richiamando il nome del Figlio che sta per nascere, Emmanuele, ci ricorda che Egli è il Dio con noi. Lo stesso Gesù risorto, coerentemente a questa sua identità, assicura gli apostoli, e tutti quelli che nella storia sono stati inviati ad annunciare il Vangelo, che egli sarà con noi “fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
- Se è Dio a chiamarci allora è sicura anche la nostra possibilità di potergli rispondere fedelmente per poter essere canali della sua storia di salvezza.
La genealogia di Gesù, ascoltata nel Vangelo, parla di diversi chiamati, tra i quali spiccano Abramo e Davide; ma in generale è l’intero popolo, espresso nella lunga lista, ad essere chiamato; i personaggi citati sono parte integrante di una storia che arriva al suo culmine con la nascita di Gesù. Israele è chiamata, come donna gravida e “nella pienezza dei tempi” (Gal 4,4) a dare alla luce Gesù. Questa storia, a guardarla bene, è formata da “santi e da peccatori”. Questo non impedisce alla bontà di Dio di realizzare il suo disegno di bene che si concretizza nella nascita del Salvatore.
Anche noi siamo parte di questa storia e ancora oggi dobbiamo continuare a dare alla luce Gesù, in noi e negli altri. È questa la missione dell’apostolo, ascoltando Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2,20) e ancora: “Figlioli miei che di nuovo vi partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi” (1Ts 2,19). È esattamente questo il senso della nostra missione: permettere a Gesù di nascere nel cuore degli altri, dopo che è nato nel nostro.
In questa nostra storia, come nella storia di Israele, dobbiamo però fare i conti con la nostra debolezza, con le nostre fragilità e cadute. Il Signore non ci ha scelti perché siamo santi, ma possiamo farci santi perché il Egli ci ha scelti. Con la sua grazia, che accompagna il nostro impegno, possiamo tendere alla perfezione, sapendo che «se da un lato dobbiamo impegnarci seriamente nel cammino della perfezione, dall’altro occorre essere pazienti. Ordinariamente il cammino procede faticoso e lento; conosce crisi, ritardi, ricadute. Una certa distanza tra l’ideale e la prassi rimarrà sempre. Riconoscere lucidamente la propria debolezza serve per rimanere umili, per essere miti con gli altri, per confidare in Dio, che ci ama così come siamo» (CEI, La verità vi farà liberi n.933).
Il perfezionista che, centrato su di sé, gioca tutto sulla esecuzione perfetta delle cose da fare, ferito nell’orgoglio per inevitabili insuccessi, può trovarsi a vivere una vita pesante nel tentativo costante di dimostrare a sé e agli altri di essere bravo; potrebbe anche essere toccato dallo scoraggiamento che potrebbe portarlo a mettere tutto in discussione, inclusa la propria vocazione.
Colui, invece, che tende alla perfezione avendo lo sguardo fisso sul Crocifisso, animato dall’umiltà, cammina, sa rialzarsi e crescere alimentato dall’amore di Dio da cui sa di essere accompagnato in ogni singolo giorno della sua vita. E in questo amore, suo habitat naturale, trova salvezza e gioia, nuove energie e rinnovato entusiasmo.
- L’importanza dei fratelli.
Nel cammino della fedeltà è importante riconoscere di aver bisogno degli altri. Nel Vangelo di oggi, Giuseppe riesce a cogliere e accogliere il progetto di Dio su di lui grazie ad un intervento esterno, quello dell’Angelo che gli spiega come stanno le cose. Era successo anche a Maria che aveva interpellato l’Angelo per discernere le vie di Dio. Il cammino della fedeltà non è un cammino solitario. Tutti abbiamo bisogno di un “Angelo”, di un fratello che ci aiuti a vedere e capire meglio come stanno le cose e a rialzarci; si tratta della persona dell’accompagnatore spirituale e del confessore. Più in generale dobbiamo sostenerci gli uni gli altri, come fratelli che sentono di essere parte di uno stesso corpo, di una stessa famiglia. Diventeremo santi insieme. È quanto indica la stessa C. 29, alla fine: «Si aiuteranno vicendevolmente a trovare la pienezza della gioia nella vita comunitaria e nell’apostolato. Si incoraggeranno nel loro impegno di fedeltà alla Congregazione, anche se, in talune circostanze, essa dovesse disperdersi o se essi stessi fossero tentati di abbandonarla». E se lo faremo, sperimenteremo la verità delle parole del Signore: “Il fratello, aiutato dal fratello, è come una citta fortificata” (Prv 18,9).
Carissimi Carlos, Gonzalo, Petru e Rosario, nel ringraziarvi per esservi messi in questa divina avventura per essere “collaboratori della gioia dei fratelli” (cfr.1 Cor 2, 24) ai quali il Signore vi invita ad annunciare il Vangelo, vi assicuriamo la nostra vicinanza e soprattutto la nostra preghiera.
Il Signore benedica voi e le vostre famiglie, che con generosa disponibilità vi sono state accanto nella vostra scelta di consacrarvi al Signore come membri della famiglia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.
Chiesa della SS. Trinità – Marino-RM-8 settembre 2020