L’epoca del contagio da coronavirus imprime negli individui e nelle società sostanziali cambiamenti. Oltre al mondo dell’economia, dell’istruzione, alla percezione che ognuno ha di sé, al deterioramento o al potenziamento dei rapporti interpersonali, anche la dimensione della fede è fortemente condizionata e con essa la missione, parola cara a tutti i cristiani e molto cara a noi del carisma oblato. Improvvisamente ci troviamo a riformulare la nostra esistenza personale e familiare, i nostri rapporti sociali, la nostra appartenenza ecclesiale. La più grande crisi mondiale dopo i conflitti bellici del XX secolo ci dà la sensazione che niente sarà più come prima. Anche la missione.

Una missione più umile. L’epoca del coronavirus ha immesso nei singoli e nei gruppi una maggiore dose di umiltà. Le ‘onnipotenze’ statali, politiche, industriali, ecclesiali, fondate su certezze solide e su mezzi economici appropriati, sono improvvisamente demolite. Tutto diventa più precario, più lento e dunque più umile. Un benefico bagno di modestia che conduce alla ricerca del necessario che, per quanto ci si impegni, si smarrisce sempre con facilità. La missione è anzitutto annunciare Gesù Cristo, Signore e Salvatore. Una missione più essenziale. Nelle epoche storiche di sventura, i rapporti, le relazioni interpersonali diventano in genere più forti. La vita si semplifica. Poche spese, pochi consumi, più tempo in casa. Chiudono i servizi che non sono necessari. Si elimina il superfluo, si vive con l’essenziale. Anche la missione diventa più essenziale. Senza l’Eucaristia celebrata, si cerca un rapporto personale con Dio attraverso la preghiera, la Parola, l’amore al fratello. L’agitazione pastorale che spesso avvolge le nostre parrocchie, i nostri movimenti e associazioni, è purgata, purificata. Una missione più silenziosa. Un gran numero di operatori pastorali (sacerdoti, vescovi, catechisti…) si affannano a registrare o scrivere messaggi, a tramettere preghiere e celebrazioni eucaristiche via Facebook. “Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare” (Ger 14,18). Il silenzio del COVID-19 va rispettato, assaporato, apprezzato e non riempito, aggredito, con parole inopportune. C’è una missione silenziosa fatta di contemplazione, di raccoglimento, di accordo con il Creato, che va compresa e sviluppata. Si guarda all’Amore per custodire nel cuore l’amore. Sarà utile riprendere questi temi in futuro per non perdere la lezione del COVID-19. L’Immacolata che amiamo e onoriamo ci insegna umiltà, semplicità e silenzio. A lei ricorriamo, “avvocata nostra”, a lei ci rivolgiamo, “madre di misericordia”.

(Editoriale di p. Pasquale Castrilli, tratto da Missioni OMI 5/2020)