I processi che generano una cultura intesa come modo di vivere, di pensare e agire, quindi usi, costumi, abitudini e comportamenti, sono oggetto degli studi antropologici e sociologici di tutte le epoche. Attraverso l’analisi di dati e tendenze si riescono a definire e descrivere i tratti delle culture industriali e di quelle agricole, di quelle del nord America e di quelle europee, delle africane e delle asiatiche. Ne deriva la differenziazione (a volte netta) a seconda delle latitudini e i conseguenti luoghi comuni che ci fanno restringere spesso un popolo in una cornice limitata di elementi che hanno sì un fondamento, ma che spesso sono una generalizzazione a buon mercato, una scorciatoia del pensiero.

C’è una cultura cristiana, un modo di essere e di agire basato su principi scaturiti direttamente dal Vangelo che potremo definire trasversale e quindi in parte universale. I cristiani giapponesi e quelli brasiliani, pur in una diversità abissale quanto a contesto geografico e storico, cercano di muoversi con principi di riferimento comuni quali ad esempio l’accoglienza, la solidarietà, la condivisione, il dialogo. La fede cristiana ha prodotto una cultura, un umanesimo, un modo di abitare il Pianeta, che caratterizza e definisce l’agire umano. Il discorso sulle radici cristiane europee che fa arricciare il naso a molti, altro non è che riconoscere che la fede ha prodotto un modo di essere e di vivere. E non c’è niente di scandaloso o di violento in tutto questo.

Il discorso di papa Francesco ai partecipanti al V Convegno delle chiese d’Italia svoltosi a Firenze a novembre del 2015 contiene elementi a nostro avviso importanti e riteniamo un po’ trascurati. Papa Francesco invitava a “costruire l’Italia” e indicava la vocazione della chiesa a servizio del dialogo nella società. “La società italiana si costruisce quando le sue diverse ricchezze culturali possono dialogare in modo costruttivo: – diceva – quella popolare, quella accademica, quella giovanile, quella artistica, quella tecnologica, quella economica, quella politica, quella dei media… La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità”. E invitava i cristiani a schierarsi: “la Chiesa sappia anche dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico: è questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune. I credenti sono cittadini… La nazione non è un museo, ma è un’opera collettiva in permanente costruzione in cui sono da mettere in comune proprio le cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche o religiose”.

(Editoriale di p. Pasquale Castrilli, da Missioni OMI 3/2020)