I POVERI: CHI SONO?

Introduzione

Dopo aver sviluppato la prima parte del tema dell’anno sulla realtà dell’evangelizzazione, introduciamo in questo mese di febbraio la seconda parte, soffermandoci sui poveri da evangelizzare.
Chi sono i poveri? È una domanda alla quale sembra facile dare una risposta, ma se ci guardiamo intorno, i poveri hanno molteplici volti e diversi bisogni da soddisfare che richiedono risposte diversificate tra loro. Unica comunque rimane la specificità del carisma di Sant’Eugenio di fronte alle diverse povertà: “Evangelizzare i poveri”.

Lo spirito del Signore è su di me (Lc. 4, 14-21)

Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore.

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.

Riflessione

In occasione della III giornata mondiale dei poveri, celebrata il 17 novembre 2019, papa Francesco ha scritto un messaggio dal titolo: “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”, titolo tratto dalle parole del salmo 9,19 che manifestano un’incredibile attualità.
Anche oggi, infatti, come allora dobbiamo elencare molte forme di nuove schiavitù a cui sono sottoposti milioni di uomini, donne, giovani e bambini. Incontriamo ogni giorno famiglie costrette a lasciare la loro terra per cercare forme di sussistenza altrove; orfani che hanno perso i genitori o che sono stati violentemente separati da loro per un brutale sfruttamento; giovani alla ricerca di una realizzazione professionale ai quali viene impedito l’accesso al lavoro per politiche economiche miopi; vittime di tante forme di violenza, dalla prostituzione alla droga, e umiliate nel loro intimo. Come dimenticare, inoltre, i milioni di immigrati vittime di tanti interessi nascosti, spesso strumentalizzati per uso politico, a cui sono negate la solidarietà e l’uguaglianza? E tante persone senzatetto ed emarginate che si aggirano per le strade delle nostre città?
Sono i poveri dai molteplici volti. E quante volte vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere il frutto dello scarto e del superfluo, per trovare qualcosa di cui nutrirsi o vestirsi! Diventati loro stessi parte di una discarica umana sono trattati da rifiuti, senza che alcun senso di colpa investa quanti sono complici di questo scandalo.
Giudicati spesso parassiti della società, ai poveri non si perdona neppure la loro povertà. Il giudizio è sempre all’erta. Non possono permettersi di essere timidi o scoraggiati, sono percepiti come minacciosi o incapaci, solo perché poveri.
Eppure come non evidenziare che le Beatitudini, con le quali Gesù ha inaugurato la predicazione del regno di Dio, si aprono con questa espressione: «Beati voi, poveri» (Lc 6,20)?
Il senso di questo annuncio paradossale è che proprio ai poveri appartiene il Regno di Dio, perché sono nella condizione di riceverlo. Quanti poveri incontriamo ogni giorno! Passano i secoli, e quella beatitudine evangelica appare sempre più paradossale; i poveri sono sempre più poveri, e oggi lo sono ancora di più.
Eppure Gesù, che ha inaugurato il suo Regno ponendo i poveri al centro, vuole dirci proprio questo: Lui ha inaugurato, ma ha affidato a noi, suoi discepoli, il compito di portarlo avanti, con la responsabilità di dare speranza ai poveri. È necessario, soprattutto in un periodo come il nostro, rianimare la speranza e restituire fiducia.
(Papa Francesco)

I poveri e Sant’Eugenio

Parlare dei poveri è sempre complicato, si rischia di fare analisi sociologiche o di cadere nelle banalità. Sant’Eugenio non ha elaborato una nuova teoria sui poveri ma ha cercato di dare risposte concrete e realistiche alle povertà del suo tempo, facendo delle scelte radicali. Non si è limitato ad un assistenzialismo rassicurante per la coscienza, ma ha fatto sì che la missione di Gesù diventasse la sua la missione, mettendosi a lavorare con i giovani, i carcerati, la gente delle campagne, con ogni genere di poveri.
Lavorando con i poveri e per i poveri, Sant’Eugenio ha scoperto così la sua chiamata ed il suo specifico: “Evangelizzare i poveri”. Bellissima, oltre che famosa, l’omelia alla Chiesa della Maddalena durante la quaresima del 1812:
“Domestici cosa siete agli occhi del mondo? Una classe di gente schiava di coloro che vi pagano, esposti al disprezzo, all’ingiustizia e spesso anche ai cattivi trattamenti di padroni esigenti… Venite, ora, ad imparare ciò che siete agli occhi della fede. Poveri di Gesù Cristo, afflitti, infelici, sofferenti… voi tutti oppressi dalla miseria, fratelli miei, miei cari fratelli, miei rispettabili fratelli, ascoltatemi. Voi siete figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, coeredi del suo regno eterno, porzione eletta della sua eredità”.
Questa vocazione all’evangelizzazione dei poveri Sant’Eugenio l’ha trasmessa agli Oblati, a tutti noi che siamo parte della sua famiglia. Nella storia della Congregazione dei Missionari O.M.I. c’è stata una sempre maggiore comprensione di chi erano i poveri; una sintesi la troviamo nella Regola OMI Costituzione 5 – Tra i più abbandonati:
“La Congregazione è tutta missionaria. Il suo primo servizio nella Chiesa è quello di far conoscere Cristo e il suo Regno ai più abbandonati. Essa porta la Buona Novella ai popoli che non l’hanno ancora ricevuta e li aiuta a scoprire i propri valori alla luce del Vangelo. Dove la Chiesa è già impiantata, gli Oblati si dedicano ai gruppi che essa raggiunge di meno. Infatti, la nostra missione è quella di andare prima di tutto verso coloro la cui condizione richiede a gran voce la speranza e la salvezza che solo Cristo può dare pienamente. Sono i poveri dai molteplici volti: noi diamo loro la preferenza”.

Esperienza

Dal 1983 opera a Messina il Centro di Solidarietà F.A.R.O. — Fraterno Aiuto Riabilitazione Orientamento, Società Cooperativa Sociale che si occupa del recupero di soggetti tossicodipendenti. Il Centro, ispirato dalla sensibilità dei Missionari O.M.I. che hanno avvertito l’urgenza di dover dare una risposta al fenomeno droga dilagante in città, con il sostegno della Chiesa Locale e grazie anche alla generosità di tanti uomini e donne, soprattutto nei primi anni di attività, continua ancora oggi la sua opera guidato da laici e con il supporto di tanti che vivono da vicino il carisma di Sant’Eugenio De Mazenod, privilegiando gli ultimi ed i più poveri. La F.A.R.O. aderisce alla F.I.C.T. — Federazione Italiana Comunità Terapeutiche, e segue il programma denominato Progetto Uomo ideato da Don Mario Picchi. Abbiamo chiesto a Francesco, Ciccio per gli amici, di raccontarci la sua esperienza all’interno del Centro, cominciata nel lontano 1986 con un’attività di volontariato e che continua adesso con un impegno diverso.
Quando Gesù Cristo passa e ti chiama, non lo fa certo per renderti la vita più facile o più semplice, ma come minimo ti sconvolge l’esistenza perché seguirlo vuol dire abbracciare il suo “segno di contraddizione”. E tu che ami la tranquillità e le cose semplici, ti ritrovi catapultato in certe realtà che spesso sono lontanissime dalla tua concezione di vita. È quello che successe a me tanti anni fa, quando nel lontano 1986 padre Sante Ronchi e padre Stefano Messina, missionari OMI, proposero a me e ad un gruppo di ragazzi (allora eravamo tali) di svolgere del volontariato presso il Centro di Solidarietà F.A.R.O., una comunità terapeutica per tossicodipendenti nata da poco a Messina su iniziativa dei Padri Oblati e della Caritas Diocesana. Non fu certo una scelta facile, perché la tossicodipendenza non è una realtà semplice da affrontare, soprattutto per chi, come me, non si era mai confrontato con la stessa. Ma l’entusiasmo giovanile di seguire Gesù Cristo ti spingeva a gettarti al di là di te stesso per andare verso i più poveri e questo mi portò ad accettare, pur sapendo che non avrei avuto a che fare certamente con dei novizi conventuali. Così è iniziata un’esperienza lunga ben 9 anni e molto intensa, dato che facevo anche tre turni di notte settimanali e che le feste come il Natale o la Pasqua andavano coperte comunque. Ho così toccato con mano cosa vuol dire la povertà umana, non proprio quella materiale, ma quella spirituale, quella di chi è reietto, senza speranze, che spesso ti sfida perché è il suo modo di chiedere aiuto ed anche quella di chi non ha neanche più la voglia di chiedere aiuto: ho spesso conosciuto l’impotenza di fronte a certi drammi umani. Ma ho anche conosciuto la gioia grande di vedere persone perdute che riuscivano a riemergere ed a farcela. Oggi il Centro è divenuto il mio lavoro ed anche se non mi occupo di terapia, ma di amministrazione una cosa mi è certa in conclusione: è ben vero che chi si dona gratuitamente riceve il centuplo, perché ciò che io ho ricevuto in termini di crescita umana è molto più di quanto io abbia potuto dare alle persone che ho via via incontrato.
(Ciccio)