La presenza oblata a Lourdes ed il servizio come “ministri di misericordia”. Parla p. Nicola Ventriglia.

P. Nicola Ventriglia è ormai un volto conosciuto per molti italiani che, quasi ogni giorno, lo vedono entrare in punta di piedi nella propria casa attraverso la televisione. Ogni sera, dalla grotta di Lourdes, recita il rosario per i pellegrini italiani e per le migliaia di persone sintonizzate su TV2000. Qui ci racconta qualcosa della sua vita di cappellano oblato a Lourdes.

Qual è il tuo impegno quotidiano al santuario di Lourdes?
Vivo qui ormai da quasi sei anni. È stato un incarico del tutto inaspettato. Precedentemente avevo altre responsabilità che mi hanno portato a girare un po’ il mondo, occupandomi delle missioni oblate. Ora mi trovo a Lourdes ed il mio lavoro è quello di cappellano coordinatore per la lingua italiana. I pellegrini italiani qui sono tra i più numerosi e sono particolarmente affezionati a questo santuario mariano. Ne consegue che la loro massiccia presenza richiede un lavoro continuo di coordinamento, accoglienza e ascolto. Il mio lavoro si svolge appunto tra l’aspetto organizzativo e pastorale. Le richieste sono molteplici ed i vari gruppi in pellegrinaggio chiedono una mia presenza per introdurli in maniera significativa nel messaggio di Lourdes. Un lavoro talvolta faticoso, ma alquanto arricchente e pieno di soddisfazioni per il mio ministero sacerdotale.

Qual è il significato della presenza oblata a Lourdes?
La domanda è oltremodo interessante. Me lo sono chiesto molte volte anch’io, venendo proprio da esperienze di attività pastorali molto diverse. Risponderei così: qui a Lourdes, nel catino dell’abside della basilica del rosario, c’è un mosaico ove è rappresentata Maria nella gloria e sotto vi è una scritta, già appartenente alla tradizione cristiana che dice: “Ad Jesum per Mariam”. Nessuno meglio di Maria ci può aiutare e con sicurezza indicare la via nel nostro cammino verso Cristo, e questo Maria lo fa meglio di qualsiasi altro. Mi pare di ritrovare qui il senso della nostra presenza oblata a Lourdes: accompagnare le persone a riscoprire la bellezza del vangelo e la gioia dell’essere discepoli del Signore, attraverso la mediazione e l’intercessione di Maria, la vera discepola. Lei è stata la prima missionaria. Infatti, il tema pastorale del santuario per il 2018, porta come titolo la frase di Maria a Cana: “qualunque cosa vi dica, fatela”.

Diciamo sempre che la missione coniuga i verbi andare, uscire. Il ministero oblato a Lourdes sembrerebbe più legato allo stare e all’accogliere. Come si fa a trasformare questo stare in slancio missionario?
Verissimo. Papa Francesco stimola continuamente la chiesa ad “andare verso le periferie”, là dove la gente vive, lavora, affronta difficoltà. Il mio ministero qui, è più segnato dallo stare fisicamente in questo luogo. Tuttavia, il nostro fondatore Eugenio De Mazenod chiamava i suoi missionari “ministri di misericordia”. Posso dire che qui a Lourdes si compie un’azione missionaria unica. Le persone che arrivano al santuario portano con sé dei carichi pesanti: sofferenze inaudite, delusione della vita, solitudine, peccati mai confessati. Solo qui trovano la forza di riconciliarsi e di rialzare lo sguardo verso Dio. Missione quindi dice un modo di esserci, non soltanto, né anzitutto un paese lontano dove farla. Dice semplicemente un modo di essere chiesa, sempre in tensione verso tutti. Oserei dire che Lourdes è come un “ospedale da campo”, immagine che papa Francesco ha utilizzato per descrivere la missione della chiesa nei confronti dell’uomo ferito, malato e quasi moribondo. Gli Oblati a Lourdes sono proprio i “ministri della misericordia” che accolgono e fasciano le ferite di tanta umanità. Mi sembra anche questa una forma qualificata di missione.

In Italia è molto seguito su TV2000 il rosario da te guidato ogni giorno in diretta televisiva. Qual è il senso, oggi, della preghiera del rosario? Puoi darci anche qualche suggerimento per pregarlo nella frenesia della vita quotidiana?
Effettivamente, il rosario è seguito da milioni di persone. Ne ho la testimonianza ogni giorno. Il rosario è una preghiera semplice, popolare, ripetitiva, ma carica di significato. Esso, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Mediante il rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore. Direi che ci fa sperimentare la dimensione affettiva della fede. Un piccolo consiglio per pregarlo meglio: se non si ha la possibilità di recitarlo tutto, per mancanza di tempo o per i diversi impegni, ritengo che sia assolutamente importante, in un luogo appartato, prendersi cinque o dieci minuti di silenzio e di calma, spegnendo computer, cellulare e quant’altro, e pregare con calma una o due decine, lasciando che la mente possa meditare e pacificarsi. Ne faccio anch’io l’e- sperienza e ciò mi aiuta nel prosieguo dei miei impegni. Ciò ridà tono anche a tutta la mia attività.

Puoi raccontarci un incontro significativo che hai fatto in questi anni?
Ne avrei tante da raccontare, visto le persone e le situazioni che incontro quasi giornalmente. Ricordo di aver incontrato un giorno un uomo, sui quarantacinque anni. Suo figlio diciassettenne, tornato dagli allenamenti sportivi non stava bene. Qualche linea di febbre e come al solito aveva preso una tachipirina per tener sotto controllo la temperatura. Con il passare delle ore la febbre aumentava sempre più e verso la mezzanotte aveva dovuto portarlo al pronto soccorso. In breve, il mattino successivo il ragazzo era già morto. Il suo sistema immunitario aveva riconosciuto come corpi estranei tutti gli organi (fegato, reni…) e via via li aveva distrutti, portando il ragazzo alla morte. Il padre, poco praticante e lontano dalla chiesa, in conseguenza a questa tragedia e a così tanto dolore, aveva ritrovato la fede e la forza della preghiera. Era venuto a Lourdes per chiedere alla Madonna di accompagnarlo e di dargli ancor più di fiducia nel Signore. Fu una testimonianza che mi toccò il cuore e, come si può intuire, non dimenticherò mai. Un’altra ancora riguarda l’incontro con un giovane giornalista che lavora in un’agenzia molto importante. Un giorno arriva a Lourdes, lui dice quasi per sbaglio. Entra nello spazio del santuario, vede la scritta “Cappella delle confessioni” ed entra. Si inginocchia e il sacerdote che lo accoglie quasi si spaventa, non sa cosa dirgli. Infatti questo giovane gli chiede se, in santuario, c’è un esorcista… Il sacerdote confessore lo invia nel mio ufficio, era triste, con gli occhi quasi assenti, e non aveva il coraggio di guardarmi in faccia. Metteva un certo imbarazzo ascoltarlo. Io l’ho ascoltato per un po’ di tempo, rendendomi conto che aveva solo bisogno di essere ascoltato e aiutato a riconciliarsi con se stesso e con Dio. Così gli proposi di passare del tempo alla grotta e di chiedere alla Madonna, perché lo avesse fatto arrivare qui a Lourdes. Lui mi rispose: “Padre, io devo partire, non ho tempo”. Era l’ora del rosario alla grotta. Lo invitai e lui accettò. Dopo il rosario mi disse che forse poteva fermarsi. Rimase tre giorni al santuario. Prima di partire venne. Sembrava un’altra persona, era sorridente e mi ringraziò. “Padre Nicola, quando sono arrivato volevo quasi farla finita con la mia vita. – disse – Adesso sono qui a dirti che non solo sono contento di vivere, ma sento anche tutta l’energia di ripensare e organizzare il mio futuro. Per questo dopo aver ringraziato ‘la Bella Signora’, come tu la chiami, sono venuto a ringraziare te, che mi hai aiutato a ritrovare la strada”. Mi impegno ogni giorno ad affidare a Maria le situazioni e le persone che incontro ed ascolto. Anche per questo, credo che la mia presenza, come missionario oblato a Lourdes, abbia il suo significato.

(Intervista di Angelica Ciccone, tratta da Missioni OMI 06-07/2018)