Carissimi Confratelli Oblati e Laici Associati,

si riparte con un nuovo anno pastorale. E dunque: “Che cosa ci deve stare a cuore?”. Prima di tutto, Gesù Cristo! A noi —lo credo vero per tutti— sta a cuore la fede cristiana nella sua profonda verità che altro non è che l’evangelo di Gesù. Noi viviamo di questo. Per questo, ci siamo impegnati con la vita!

A noi sta a cuore Gesù, il suo Vangelo, ciò che questo ci rivela in ordine al volto di Dio, perché abbiamo fatto esperienza della pienezza d’amore e di senso che questo “mistero” offre alle nostre esistenze e della carica di salvezza e di bontà che consegna a quanti gli danno fiducia con l’intuito dell’anima, ma non senza la ragione.

A noi sta a cuore che Gesù e il suo Vangelo siano conosciuti, così come noi abbiamo avuto la grazia di incontrarlo, di conoscerlo, perché ci è stato annunciato, testimoniato. Ci sta a cuore la verità cristiana, perché abbiamo scoperto, dalla vita di fede, che questa è più di una cultura, di un modo di pensare, ma è un fatto vitale, avendo a che fare con le nostre esistenze. Infatti, è in grado di darle un senso e di rispondere alle domande più radicali, sorprendenti e drammatiche allo stesso tempo, legate alle realtà e ai significati del nascere e del morire, dell’etica e dell’agire morale, dell’amore e del male, del bene e del dolore, del giudizio e dell’eternità.

Per tutto questo, ci sta a cuore —ci deve stare a cuore— che Gesù Cristo sia conosciuto nella sua verità di Salvatore e Redentore. Sia conosciuto soprattutto dai giovani, così distanti da Dio, indifferenti agli aspetti religiosi della vita e ignari anche dell’immenso patrimonio spirituale che il cristianesimo ha trasmesso da una generazione all’altra in due millenni di storia.

Sì, come ha detto più di qualcuno, a noi devono stare a cuore i giovani e la loro felicità, la loro realizzazione umana e spirituale, la possibilità che possano incontrare “ragioni non passeggere” per scoprire il valore e il senso dell’esistenza. Possano intuire di avere una vocazione, anche la vocazione per consacrarsi a Dio, magari per essere sacerdoti e missionari del Vangelo della salvezza.

In questa prospettiva, anche in risposta alle richieste venute da molti Oblati e accogliendo le indicazioni del Capitolo Generale dello scorso anno, il Superiore Generale, con una Lettera alla Congregazione dello scorso 15 agosto, ha indetto “l’Anno delle Vocazioni Oblate”, che inizierà l’8 dicembre 2017 e terminerà il 25 gennaio 2019. Il tema conduttore, scelto per orientare questo tempo di grazia, lo si deduce dal titolo: “Vieni e vedi” (Gv 1,39): Centrati sulla gioia e la generosità della vita oblata”. Dunque, la vocazione oblata al centro di questo anno, ma che, in senso stretto, pone in evidenza la realtà dei giovani, la loro fede, il loro rapporto con Cristo e la scelta che possono fare di porsi, in modo radicale, alla sua sequela. Del resto, questo nostro “Anno Vocazionale” è in sintonia con l’invito del Papa a vivere un tempo di preparazione al Sinodo dei Vescovi che, nell’ottobre 2018, affronterà il tema: “I giovani, la fede, il discernimento vocazionale”.

Un nuovo anno pastorale si sta aprendo davanti a noi. Ma, ce lo diciamo da subito, lo sguardo desideriamo porlo in particolare sui giovani, futuro della Chiesa, del cristianesimo. Senza peccare di retorica, oggi in particolare, Gesù e il vangelo ci chiedono di vivere un cammino di conversione per rinnovarci nella nostra vocazione e nella testimonianza cristiana, per “essere giovani nel cuore” e così metterci in sintonia con il “cuore dei giovani”. Con passione, siamo invitati ad andare verso i giovani, mostrandogli la nostra simpatia e una spontanea accoglienza, ricca di amicizia, di stima, di fraternità. Andiamo verso i giovani con la nostra vocazione, testimoniando a loro la “la lunghezza, la larghezza, l’ampiezza e la profondità” del messaggio cristiano, la sua umanità, la sua forza e capacità di provocare al bene, alla pace, di distogliere e liberare il cuore dal male, di spingere alla fraternità e alla condivisione. Portatori di un “cristianesimo amabile”, andiamo verso i giovani con la nostra fede, povera ma viva, annunciandogli il volto sconcertante del Dio Crocifisso, pienezza di quel perdono e di quell’amore che soprattutto i giovani sanno cogliere come valori per i quali la vita stessa merita di essere vissuta.

Amici, l’anno pastorale inizia. Possa essere un tempo nuovo anche per le nostre comunità, chiamate a custodire un clima di unità fraterna e a maturare uno stile di apertura e accoglienza verso tutti, soprattutto verso i giovani. Mettiamoci tutti, come membri della Famiglia oblata, in particolare voi giovani che portate un amore speciale al carisma, in un atteggiamento di apertura verso i “giovani dai molteplici volti” che possiamo incontrare nei modi più differenti, per mostrare a loro la nostra amicizia, attenzione, stima. Per ascoltarli e dialogare con loro, non tacendogli, se ci è possibile, il mistero della fede. Invitandoli anche a pregare, perché scoprano in Gesù il volto del Dio che ama e salva.

La vita cristiana è un’esperienza di conversione. Questa fa la giovinezza del cristianesimo, come dice il monaco Enzo Bianchi. Facciamoci l’augurio, sotto l’azione dello Spirito Santo, di convertirci alla perenne novità del vangelo. Per essere “giovani nello spirito” e così camminare come amici con i giovani dai mille volti.

Pozuelo – Madrid, 12 settembre 2017
Memoria liturgica del SS. Nome di Maria

Nella gioia di appartenerGli, vostro fratello,
padre Alberto Gnemmi, omi (Provinciale)