fermento-di-nuova-evangelizzazione

Gli ultimi due capitoli rappresentano un consuntivo nei riguardi della “nuova evangelizzazione”, una sfida della Chiesa fin dagli anni Ottanta, per recuperare al Vangelo un mondo secolarizzato, e alla quale il libro vorrebbe fornire qualche risposta.

Dapprima, vi si dice che, nell’ottica della comunione, ci si riconcilia più facilmente con il passato della missione. Certamente, un tipo di missione che si sia svolta in complicità coi sistemi di “tabula rasa”, di colonialismo e di neocolonialismo, non l’ha certamente onorata. Anzi, diciamocelo col cuore contrito, quella parte di missione svoltasi  in collusione con tali sistemi, poco inclini al dialogo con le culture e le religioni dei popoli e sottesi da politiche basate sul profitto dei ricchi a discapito dei poveri, ha alquanto deturpato il suo passato.  Riformata adesso dalla forza della comunione, la missione può elevarsi al  suo antico splendore per continuare ad essere  espressione della carità di Dio e portatrice di fraternità, nel solco appunto di Cristo, dei primi cristiani e dei  missionari, uomini e donne, che hanno vissuto in piena empatia con la gente loro affidata.

Poi, si dice che la missione, impostata invece sulla comunione, può far crescere nella corresponsabilità ecclesiale e quindi colmare i divari inammissibili che esistono nella Chiesa. Paolo diceva ai Corinzi che nella nuova via del cristianesimo quello che conta è “l’uguaglianza”. La comunione sul modello della Trinità deve necessariamente creare pure più uguaglianza  tra i cristiani (da non confondere  con l’uniformità), perché  collaborino senza alcun intralcio all’annuncio del Vangelo. E accrescere in essi  altresì più spirito di accoglienza e di condivisione coi migranti, per un incontro interculturale arricchente, svegliandosi alla destinazione universale dei beni.

Insomma, la comunione missionaria, poiché è tutta animata dallo Spirito Santo (“la comunione (è) dello Spirito Santo”), si staglia come un programma di vita dinamico, profondamente evangelico, capace di riaccendere nei  battezzati “il fuoco della missione” . E questo può dare alla missione, in un mondo e in una Chiesa presi nel vortice della mobilità umana, quei requisiti di novità (nell’espressione, nell’ardore, nel dinamismo pratico), ritenuti da sempre necessari  per rispondere alle sfide della nuova evangelizzazione.