V domenica di Quaresima – Anno C
Letture: Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

_

“Chissà perché maschera in latino si dice persona …”
È una scritta che ho visto qualche tempo fa su un muro, a Roma.
Uno dei tanti lampi di genio dell’arte di strada.
E mi è ritornata in mente leggendo il vangelo di oggi.

Gesù si trova nel tempio, all’inizio di una nuova giornata. Gli presentano una donna, colta in flagrante adulterio, quindi colta sul fatto, mentre si trovava in situazione di peccato.

Pongono a Gesù una domanda chiusa, di quelle che si pongono quando si vuole lasciare all’interlocutore solo una possibilità di scelta: “sì” o  “no”. Nelle intenzioni degli scribi e dei farisei non c’è quella di aprire un dialogo con quel Maestro che con le sue parole incantava le folle, per giunta nel tempio. Non vogliono neanche dargli una possibilità di esprimersi su un determinato argomento. No, affatto.
Vogliono semplicemente coglierlo in fallo. Vogliono che sbagli. Che smentisca se stesso e il suo sostenere questa misericordia estrema – ricordate il Padre misericordioso di domenica scorsa? – rispondendo “sì, lapidatela!”. O che rinneghi Mosè e la Legge, rispondendo “no, lasciatela andare!”.

Una via senza uscita. Un vicolo cieco. Per tutti noi, forse, che al posto di Gesù probabilmente avremmo scelto la strada più semplice, quella per non turbare nessuno, per non avere guai.
Non per Gesù. Circondato da tutte queste persone, Lui non risponde subito. Si china e si mette a tracciare segni per terra. Non vuole stare al gioco. Non vuole smascherare tutte le persone che lo circondano. Non vuole che queste persone leggano nel suo sguardo la sua compassione per i loro peccati e per la loro presunzione.

Ma loro insistono. Tutti. Vogliono una risposta.

Allora Gesù si alza e, come spesso accade nei Vangeli, dà una risposta geniale.

“Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. Eccolo Gesù, il Maestro, specialista nella terza via. Di fronte ad una domanda chiusa, è capace di sparigliare le carte, di tracciare nuove strade, di trovare soluzioni inaspettate.

“Ecco, io faccio una cosa nuova …” si legge nella prima lettura di oggi. E le cose nuove, si sa, hanno bisogno anche di nuovi occhi per essere apprezzate, di un nuovo sguardo, della capacità di essere persone nuove.

Chissà perché maschera in latino si dice persona …
Non so bene come rispondere all’interrogativo di questo writer di strada. Ma so bene come risponde Gesù: nella sua lingua, la lingua dell’Amore, ‘maschera’ non equivale a ‘persona’. È come se Gesù dicesse agli scribi e ai farisei: “Giù la maschera! Vi ho riconosciuti. So chi siete, inutile nascondervi dietro domande piene di finto rispetto della Legge”.

E questo “Giù la maschera!” è per noi tutti. Abbiamo la possibilità di cambiare, di adeguarci a questa strada nuova, a questa novità che sa di misericordia estrema, sì estrema, come quella del Padre della parabola di domenica scorsa, che non era certamente giusto, secondo la nostra povera logica umana, ma era misericordioso. Eccome.

Gesù ci dice oggi: “Giù la maschera” e, rimasto solo con l’adultera, la congeda con una delle frasi-chiave della Parola, anche questa rivolta a ciascuno di noi: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Non importa ciò che hai fatto. Il mio perdono precede il tuo pentimento. Sei libero. Sei libera. Va’, vivi la tua vita cosciente della misericordia che ti è stata riservata, di questo dono di infinito amore.

L’adultera, rimasta sola con Gesù, trova in queste parole la forza di rialzarsi, di ricominciare.
Donna nuova, perdonata. Con lei anche noi. Peccatori redenti.
Con la testa non più china. Con lo sguardo di nuovo capace di guardare i fratelli.

“Giù la maschera!”, dunque. E su la testa!

p. Gianluca Rizzaro omi