Un gesto di altruismo e solidarietà ha visto interpreti, lo scorso ottobre, mese missionario, due missionari Oblati di Maria Immacolata: p. Mario Camarda ha donato un rene a p. Raffaele Grasso. L’intervento è stato effettuato il 7 ottobre nel reparto Chirurgia dei trapianti dell’Ospedale Cisanello di Pisa, eseguito dall’équipe dei professori Boggi e Vistoli. Quel giorno p. Mario, 60 anni, si è sottoposto all’espianto di rene a favore di p. Raffaele, 66 anni. I due avevano condiviso una parte degli anni di prima formazione missionaria e, recentemente, avevano vissuto nella stessa comunità religiosa a Napoli. La vita di entrambi è stata segnata dalla missione estera: p. Mario come missionario in Camerun e Senegal, p. Raffaele come responsabile della Procura delle missioni estere della provincia d’Italia degli Oblati. L’intervento chirurgico, che è stato accompagnato dalla preghiera di tante persone in Italia e all’estero, è riuscito ottimamente. P. Raffaele si era già sottoposto ad un primo trapianto di rene a inizio 2000, trapianto durato cinque anni. Dal 2005 si sottoponeva, dunque, a regolare dialisi. Il rene trapiantato il 7 ottobre ha iniziato a svolgere il suo lavoro fin dalle prime ore. Il quinto piano dell’edificio 6 dell’ospedale toscano si è riempito di parenti, confratelli e amici che hanno portato solidarietà e preghiere. E se tutti pensavano, nei giorni successivi al trapianto, che il primo a ‘sbrigarsi’ sarebbe stato p. Mario… le cose sono andate diversamente prolungando i tempi di degenza di quest’ultimo.

Quando e come è nata l’idea di donare un rene ad un confratello missionario?

Raffaele: Eravamo a pranzo noi tre della comunità di Napoli. Si parlava del più e del meno… ad un certo punto p. Antonio Petrone mi chiede: “da quanto tempo non ti chiamano più da Pisa per il trapianto?”. Faccio presente che negli anni in cui sono stato in lista per un trapianto da cadavere mi hanno allertato o chiamato venti volte, ma non si è mai realizzato nulla. P. Mario, arrivato in comunità come amministratore parrocchiale agli inizi di settembre, vuole saperne di più. Quando finisco di aggiornarlo lui dice candidamente: “Te lo do io un rene”. Ti lascio immaginare la reazione mia e di p. Antonio: non avevamo parole. Poi con p. Mario ho ripreso il discorso, ma lui era convinto. Abbiamo fatto i nostri passi con il superiore provinciale che ha consultato anche il superiore generale della congregazione oblata..

Mario: L’idea nasce a tavola, dopo qualche tempo che mi trovavo a Napoli, quindi dopo aver visto le difficoltà di p. Raffaele in dialisi…. Quel giorno il superiore, p. Antonio, chiede a p. Raffaele da quanto tempo non lo chiamavano da Pisa. P. Antonio mi disse che negli ultimi otto anni di dialisi era stato chiamato una ventina di volte, ma era sempre tornato senza trapianto. A quel punto, ricordando che già un nostro confratello, p. Fausto Pelis, aveva ricevuto un rene in dono dal fratello sacerdote, mi sono proposto di donare anch’io un rene a p. Raffaele, in caso fosse stato compatibile. D’altronde, quando ero arrivato in comunità, l’ 8 settembre 2013, i confratelli si erano meravigliati che non prendessi nemmeno una pillola, segno della mia ottima salute!

Come hai affrontato il giorno che ha preceduto l’operazione? Quali le emozioni e i pensieri prevalenti?

Raffaele: Ti confesso che il giorno prima dell’intervento non ho avuto emozioni o pensieri particolari anche perché sono stato impegnato tutta la mattina con la plasmaferesi (che ho fatto ogni giorno dal 28 settembre al 6 ottobre) e poi nel pomeriggio con la dialisi. E poi avevo la sensazione di essere in una ‘botte sicura’.

Mario: Sono arrivato alla vigilia dell’operazione con animo tranquillo e sereno, direbbe il salmista: “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal. 131). In fondo è stato il punto d’arrivo di una lunga storia durata due anni, da quel primo accenno a tavola, passando per il tribunale di Pisa (9 mesi), un’attesa di altri 7 mesi, da gennaio 2015 quando tutto sembrava pronto, fino ad arrivare ad agosto quando finalmente è stata comunicata la data dell’intervento. Riguardo alle emozioni e pensieri prevalenti mi tornavano in mente due frasi del Nuovo Testamento: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20,35) e “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici” (Gv. 15,13),

Quale è stato l’esito dell’intervento e quali sono i tempi di recupero?

Raffaele: L’intervento è andato alla grande; il rene di Mario, una volta trapiantato, è partito subito ed anche i valori della creatinina sono subito scesi. Da quel momento non ho più fatto dialisi. Il decorso post operatorio è stato normale sia per me che per Mario. Io sono stato dimesso lunedì 19 ottobre, il che mi ha stupito non poco. Purtroppo per Mario c’è stata una complicanza ai vasi linfatici. Lui che doveva essere dimesso dopo una settimana, a fine ottobre era ancora ricoverato.

Mario: L’esito è stato positivo: a detta dei chirurghi, il rene impiantato in p. Raffaele è partito subito come fosse il proprio! I tempi di recupero previsti erano: per il donatore una sola settimana, mentre per il ricevente almeno due settimane. Di fatto p. Raffaele, il rice- vente, è stato dimesso dopo 12 giorni mentre io, il donatore, ho avuto una complicanza riguardante il drenaggio.

Tante persone, familiari, amici, confratelli… hanno seguito la vostra vicenda. Che tipo di messaggi avete ricevuto? Da cosa le persone sono state maggiormente colpite?

Raffaele: Soprattutto messaggi di preghiera. Tanti si sono preparati al 7 ottobre con novene alla Madonna del Rosario; ci sono stati gruppi che hanno continuato a pregare anche dopo. Si sono uniti alla preghiera anche gruppi e singoli che hanno letto di noi su Facebook. Messaggi di solidarietà, di vicinanza, di affetto. Penso che le persone siano state colpite dal fatto che due persone che non hanno vincoli di sangue o di parentela stessero vivendo questa avventura. E poi anche e soprattutto dal dono gratuito di Mario e dal fatto che siamo due sacerdoti missionari.

Mario: I messaggi sono stati soprattutto di solidarietà, affetto, vicinanza. Le persone sono state colpite dalla gratuità del gesto.

In Italia la cultura della donazione degli organi non è molto sviluppata. Cosa vi sentireste di dire a chi verrà a conoscenza di questa vostra vicenda?

Raffaele: Che il dono di un organo a chi è nel bisogno ti fa risorgere e ti riapre prospettive che pensavi fossero ormai chiuse definitivamente. L’invito che io faccio è: parlarne con libertà e sincerità ai propri parenti, iscrivendosi a qualche associazione che cura la donazione di organi. Senza paura. Qualche volta, durante l’omelia nella giornata dedicata alla donazione degli organi dicevo: “Quando verrà il momento di passare da questo mondo abbiamo due scelte: o portarceli dietro e far fare festa a vermi e affini o ridare una vita”.

Mario: Forse una frase scritta su una maglietta dell’AIDO (Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule) può rendere l’ idea: “un donatore moltiplica la vita!”.

(Tratto da Missioni OMI 01-02/2016
Intervista di Pasquale Castrilli omi)