12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14 Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. 16 Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17 Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

Signore Gesù, non sei soltanto il mio creatore e il mio redentore, come lo sei di tutti gli uomini. Di più, sei il mio benefattore personale, il mio amico. Sì, sei l’amico che mi ha elargito la sua tenerezza in maniera particolarissima. L’amico generoso che ha dimenticato tutte le mie ingratitudini per amarmi con la stessa forza che se fossi stato sempre fedele. Mi hai portato sulle spalle. Mi hai scaldato sul tuo cuore. Hai fasciato le mie piaghe. (E.O. I, 14, p. 263)

Eugenio riconosce che tutto viene da Dio, gratuitamente e senza alcun merito dell’uomo e per la prima volta osa utilizzare per Cristo la parola “Amico”. L’amicizia è un valore indispensabile alla vita dell’uomo, secondo il Vangelo di Giovanni; è il valore che supera e colma le distanze, libera dalle paure, supera i confini spaziali, i legami di sangue, le stagioni della vita.
Gesù insiste sull’unità profonda e piena che desidera costruire con i suoi discepoli: “Io non vi chiamo più servi […] ma vi ho chiamati amici “. Il servo non conosce, non è in comunione con l’altro, non sente la vicinanza, non vive la partecipazione, non ha interesse per lui, non avverte la presenza dell’uno nell’altro. Dio vuole entrare in relazione con noi, e lo fa attraverso due segni inequivocabili: quello di dare la vita per gli amici e quello di farsi conoscere nell’intimo. “Vero segno di amicizia è rivelare i segreti del proprio cuore” (S. Tommaso).
Ho scoperto l’amicizia di Gesù, il suo amore profondo e senza riserve in un periodo buio e di profonda difficoltà. Le mie certezze e sicurezze erano venute meno. Il mio matrimonio era finito, la famiglia
che avevo costruito, per cui avevo lasciato amici familiari era terminato. Lontano dagli affetti più cari, senza lavoro e casa e ho dovuto reinventarmi. Ho scoperto un mondo, una realtà nuova che ignoravo grazie all’amicizia del mio angelo custode Annamaria che mi ha fatto sentire da subito accolta e protetta, che dal male può nascere il bene. Ho donato i miei mobili, i vestiti di mia figlia e quando ho scoperto che avevamo aiutato persone bisognose ho provato un senso di commozione profonda. Annamaria mi ha avvicinato al laboratorio, dove ho conosciuto amici e amiche meravigliose che nonostante i loro problemi, le loro difficoltà si mettono al servizio della missione comune. Pur non sapendo fare nulla il partecipare al laboratorio è terapeutico, come lo è stato partecipare agli incontri anche con il gruppo delle signore: ho scoperto una famiglia che mi sorregge quando sono in difficoltà. Non so dire perché partecipo…, la risposta non la so, mi viene naturale, è come se avessi ricevuto una chiamata che si rinnova ogni volta, a cui devo dire grazie, perché ho trovato degli amici, dei tesori e tutto ciò non ha prezzo.

  • In quale occasione mi sento più servo e non amico di Gesù? Cosa mi impedisce di essere Suo amico?
  • Nell’incontro con l’altro, sul modello di Cristo vero amico, riesco a passare dalla logica della ricompensa alla logica della gratuità?