NELLA TUA STORIA LA NOSTRA STORIA SCOPRIRE SÉ STESSI

LUCA 15, 11-32
Un uomo aveva due figli12. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre dammi la parte di patrimonio che mi spetta”… 13Pochi giorni dopo il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano.,,,14Quando cominciò a trovarsi nel bisogno….17ritornò in sé e disse: “quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!. 18Mi alzerò, andrò da mio padre… e gli dirò: Padre ho peccato verso il Cielo e davanti a te 20Trattami come uno dei tuoi salariati” …
… Quando era ancora lontano, suo padre lo vide; ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò…
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno quando fu vicino casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “ tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò e non voleva entrare. Suo padre allora usci a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre:” Ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici”…

RIFLESSIONI

Tutti noi almeno una volta ci siamo immedesimati nel racconto della parabola del figliol prodigo perché, come il figlio minore, egocentrici, desiderosi di libertà, di autonomia o, come il figlio maggiore, desiderosi di essere riconosciuti, e con un vissuto di Dio come Padrone e non come Padre Misericordioso che si preoccupa di ciascuno di noi anche quando non vengono accolte le nostre richieste. Questa parabola, che conosciamo tutti, potrebbe essere letta come un percorso di vita, di crescita, di scoperta del sé e costruzione dell’Io. La parabola parla, infatti, di 2 giovani fratelli che cercano una strada per essere felici. Il più piccolo, un po’ onnipotente e forte del bagaglio ricevuto dal Padre, sente il bisogno di allontanarsi da casa, di acquisire un’identità, di sperimentare un’autonomia. In questocontesto non c’è spazio per il Padre, visto come limite, come impedimento al piacere, per cui avverte la necessità di mettersi in cammino. Il viaggio, però risente della permanenza infantile del principio del piacere, e di onnipotenza, per cui questo figlio gestisce male il patrimonio paterno e non si sente più appagato delle scelte fatte. Si ritrova nella povertà, nella miseria, nella sofferenza, tocca il fondo della propria esistenza e va in angoscia.
Quando compare l’angoscia, accanto alla visione dei propri errori e fallimenti, comincia a pensare al passato, alle persone che ne fanno parte, alla casa paterna, dove i salariati del padre hanno pane in abbondanza mentre lui muore di fame, allora “
ritorna in se” e, fa la scelta di ritornare dal Padre, di ritrovare quel rapporto perduto e di chiedere di riprenderlo con Se, anche come servo. La decisione presa è ancora collegata alle esigenze dell’Io. Un Io che usa le cose, il padre e ciò che può servirgli. Il ritorno alla casa paterna è ancora, una scelta opportunistica collegata alle esigenze dell’Io, e di riduzione dell’angoscia. L’altro fratello, il maggiore, non va via da casa, non trasgredisce, non è opportunista né onnipotente, ma rimane dipendente e compiacente. Come dice Epicoco se il piccolo è” il figlio del piacere”, il maggiore è “il figlio del dovere”, che esegue quanto richiesto dal padre per un bisogno di essere riconosciuto.
Entrambi i percorsi di crescita scelti dai due fratelli sono condizionati dalle loro storie personali e, dai sintomi del malessere da cui si prende la fuga. Entrambi i fratelli con i loro comportamenti rispondono al sintomo/angoscia, e non al malessere. La motivazione del fratello piccolo di ritornare al Padre è, ancora, una scelta opportunistica legata all’Io per il soddisfacimento dei propri bisogni primari. Il ritorno al Padre, infatti, avviene perché nella casa paterna anche i servi stanno meglio di Lui:
mangiano, hanno dove dormire e sono retribuiti. Il figlio maggiore, invece, non rientra a casa, ed esprime tutta la sua rabbia/sofferenza per il mancato riconoscimento da parte del Padre.
Quando stiamo male spesso pensiamo ad eliminare o diminuire il sintomo piuttosto che cercare di capire il malessere che sottende al sintomo. Ne consegue che spesso il cambiamento non avviene.
Elementi disarmanti i festeggiamenti predisposti dal padre per il ritorno del figlio e l’accoglienza del Padre che, ha lasciato i figli liberi di scegliere, di allontanarsi o di rimanere, ma che gioisce e corre incontro al figlio minore non appena lo intravede da lontano.
L’andare incontro amorevole del Padre nella parabola, di fatto non può essere come un antidolorifico che riduce semplicemente la sintomatologia e risolve i problemi, ma è qualcosa di molto profondo che cambia la nostra esistenza perché entra nella nostra storia, nella nostra vita e determina il passaggio da IO a DIO.
Disarmante è, anche, il comportamento del Padre a fronte di quello del figlio maggiore, che inveisce, reagisce con rabbia; non fa nessun cammino, non decide, non sceglie, ma continua a servire un padrone e non, un Padre che esce a cercarlo e disposto a tutto anche per lui.
Dio non smette di essere nostro Padre anche quando di lui abbiamo un’idea sbagliata, un’immagine distorta. La scoperta di se ci consente, attraverso l’esperienza di un Dio misericordioso, di correggere l’immagine distorta di Dio, con quella di un Dio che non solo ci perdona ma che ci viene incontro e fa il primo passo anche quando siamo all’estremo delle nostre forze.
La parabola non ha un finale, non sappiamo cosa farà il figlio piccolo o il figlio maggiore perché non interessa la scelta fatta, ma l’avere una possibilità di scelta su ciò che vogliamo fare e chi vogliamo essere. Il Padre ci fa capire che non è importante essere perfetti o comportarsi bene non importa nemmeno quando: il ladrone lo è diventato sulla Croce. Dio lascia liberi ognuno di noi di scegliere, di decidere, ma, attraverso malesseri e imprevisti, cogliere cosa ci sta accadendo, cosa poniamo al centro della nostra esistenza e del nostro cuore, e quanto sia lo spazio dato al nostro Io che ostacola il nostro cambiamento di accogliere Gesù e cogliere l’opportunità di diventare figli di Dio Padre.
Eugenio, in questo cammino piuttosto doloroso di ricerca di se, che definisce operazione verità, fa una scoperta piuttosto sconcertante “Dio mi ha accettato così come ero. Ha fatto finta di nulla sulle offese che gli ho continuamente arrecato. Sempre uguale a sé stesso, mi ha spalancato il suo cuore pieno di amore”. E noi, quante volte mettendoci davanti al Padre, come Eugenio, siamo capaci di compiere questa operazione verità? Quanta la paura di scoprirci poveri e nudi?
Queste sono le riflessioni della nostra comunità scaturite nell’incontro per la preparazione del foglietto in seguito alla scelta del vangelo e alle domande che condividiamo con voi tutti.
 

DOMANDE PER LE RIFLESSIONI

Perché è importante scoprire sè stessi?
Cosa può significare conoscere se stessi, al giorno d’oggi?
Chi sono io al di là dei miei ruoli?
Perché è così difficile intraprendere questo cammino?