Cari fratelli pellegrini, oblati e membri della famiglia carismatica.

I mesi di gennaio e di febbraio sono segnati da due date importanti per la nostra famiglia: l’inizio della comunità missionaria ad Aix-en-Provence il 25 gennaio 1816 e l’approvazione pontificia delle nostre Costituzioni e Regole (CC RR) il 17 febbraio dieci anni più tardi. In questi giorni stiamo celebrando la nostra prima sessione plenaria in cui il governo centrale e tutti i direttori dei servizi generali hanno iniziato il percorso per cercare di mettere in pratica le proposte del nostro ultimo Capitolo generale. Ascoltando e pensando di far memoria delle nostre origini, ho pensato di condividere alcuni sogni sulla nostra casa comune, la nostra famiglia carismatica.

Nel cuore di Sant’Eugenio, la casa di Aix è il luogo a cui dobbiamo sempre ritornare per riscoprire la nostra identità. Tutti abbiamo letto i suoi ricordi di quei primi momenti di vita insieme nel vecchio Carmelo di Aix. Per noi Aix non è un museo. Se le sue mura ci parlano oggi, è perché quegli uomini hanno saputo trasformare quella casa in una vera casa missionaria. Ogni volta che visitiamo quella casa, sentiamo che è nostra, qualcosa che ci parla; Aix è la nostra casa, Aix ci abita.

Di fronte alla possibilità di aprire una nuova casa, i missionari si sono chiesti come vivere lo stesso spirito nonostante la distanza. Eugenio de Mazenod scrisse le nostre prime Regole, assicurando che ogni casa oblata avrebbe mantenuto ciò che era proprio della nostra famiglia. Momenti successivi di crisi porteranno Eugenio, spinto dai suoi confratelli, a rischiare un viaggio a Roma per cercare l’approvazione pontificia: era una questione di vita o di morte, di essere o non essere! Dieci anni dopo l’inizio di quell’avventura, il Papa approverà le Regole che da quel momento in poi sarebbero diventate la tabella di marcia per fare di tutte le comunità oblate, presenti e future, una casa missionaria come quella di Aix.

Con l’approvazione pontificia delle nostre Regole, il dono ricevuto ad Aix diventa un impegno per ognuno che abbraccia questo stile di vita, ma anche un impegno a trasmettere questo patrimonio alle generazioni future. Il nostro 37° Capitolo generale ci chiama a prenderci cura della nostra casa comune: la nostra Congregazione e la nostra famiglia carismatica. Tutto ciò che possiamo proporre per animare il nostro carisma, attuando le proposte del Capitolo, comporta il rafforzamento della vita e della missione delle comunità locali: è nelle comunità locali che si gioca il nostro presente e il nostro futuro, la nostra identità e la nostra missione.

Durante le discussioni in plenaria, il Consigliere generale per l’Africa-Madagascar ha proposto un’immagine per motivare l’animazione post-capitolare: la vita di coppia. Immagino questa coppia alla ricerca di una casa per iniziare insieme la loro vita. Una volta trovatala, probabilmente più modesta di quanto sognassero, devono prepararla secondo i loro gusti e le loro esigenze. Nel dialogo devono decidere molte cose: come sarà l’arredamento, la decorazione, alcune ristrutturazioni… Inoltre, devono organizzare la loro vita in comune, cucinare, prendere decisioni, risolvere i conflitti; ma soprattutto devono curare le loro relazioni e sognare insieme il futuro, i figli, ecc. Vivendo insieme e sapendo superare le difficoltà, a poco a poco trasformeranno la abitazione in cui vivono nella loro casa e nella casa dei loro figli. Una casa che, più che abitarla, li abiterà internamente per sempre. Anche se dovessero cambiare abitazione, questa rimarrà la loro casa. Tutti noi ne abbiamo esperienza.

Per prenderci cura della nostra casa comune, dovremo ascoltare con attenzione e gratitudine coloro che vivono il carisma della vocazione matrimoniale e familiare. Quanto possiamo imparare da loro! Li ascoltiamo abbastanza? Ci mettiamo alla ‘loro’ scuola per imparare a fare della nostra casa comune una vera ‘casa’?

Fare della nostra casa un luogo missionario come quello di Aix: dono e compito

Il Fondatore ci sognava come la famiglia più unita della terra. Nelle sue lettere agli oblati, insiste sul fatto che per mantenere vivo questo spirito, dobbiamo essere fedeli alle Regole e vivere insieme in comunità. Praticamente tutti i Superiori generali sono d’accordo su questo: il nostro carisma non può essere vissuto senza questa dimensione comunitaria! Il 37° Capitolo generale ci invita a lasciarci ispirare dalle nostre Costituzioni e Regole per prenderci cura della nostra casa comune, soprattutto in questi anni nei quali ci prepariamo a celebrare il bicentenario della loro approvazione pontificia.

È vero che guardando le nostre comunità potremmo insistere sulle nostre debolezze, sui nostri fallimenti e peccati, per cercare di correggerli…; in effetti, ci sono cose da cambiare nella nostra vita personale, nella nostra comunità e nella nostra famiglia. Alcuni, percorrendo questa strada, cadono nella tentazione di un eterno lamento per le cose che non vanno bene e diventano profeti di sventura, sempre pessimisti, ma sclerotici quando si tratta di proporre qualche alternativa. Vorrei percorrere un’altra strada che, per me, è molto più urgente: che ogni membro della nostra famiglia riscopra la bellezza della nostra vocazione missionaria vissuta in comunità apostoliche. Stupiti e attratti dalla bellezza di vivere insieme la nostra vocazione, possiamo trovare nuove energie per cambiare ciò che non corrisponde al dono che abbiamo ricevuto.

La vita comunitaria è un dono missionario che dobbiamo far fruttare collaborando con lo Spirito Santo: questo è il nostro compito. Le CC e RR sono il dono che la Chiesa ci fa per verificare se stiamo camminando evangelicamente nella giusta direzione. Le Regole sono la mappa per rendere le nostre comunità autentiche case missionarie, per fare di ogni casa un’autentica casa missionaria come quella di Aix. Leggere nella preghiera le nostre Costituzioni e Regole ha generato nuove forme di vita laicale e religiosa. Io stesso ne sono testimone, tra i giovani, i laici e anche con nuove forme di vita consacrata e missionaria. Lo Spirito è all’opera e quindi oso sognare che l’impegno a vivere le CC e RR in modo più radicale e secondo le diverse realtà carismatiche, genererà una nuova vita per il bene della Missione, della Chiesa e soprattutto per il bene dei poveri e dei più abbandonati.

Comunità segni profetici

La C. 91 dice: “È nella natura di una comunità essere segno profetico che dà al mondo motivi di speranza nella sua ricerca di integrità e di armonia”. Che straordinaria affermazione e che sfida meravigliosa! Fare del nostro modo di vivere in comunità una profezia che dia speranza a un mondo che sta andando in pezzi. Rinnovare le nostre comunità locali secondo le CC e RR è un’urgenza missionaria. Tutto ciò che ci proponiamo di fare deve rispondere a questa domanda: come viviamo la comunità apostolica per essere profeti di speranza e di comunione?

Come vorrei che ogni comunità oblata diventasse una casa dove i poveri sono ascoltati, accolti, protetti, riconosciuti nella loro dignità e aiutati a diventare pienamente umani, cristiani e santi! Inoltre, quanto impareremo dai poveri se li teniamo al centro della nostra vita comunitaria e missionaria! Una comunità, come quella di Gesù con gli Apostoli, dove gli emarginati e gli abbandonati sono al centro della tavola comune, dove condividiamo tutto ciò che siamo e abbiamo per vivere insieme il Vangelo.

Siamo chiamati ad “essere, nel cuore del mondo, un lievito delle Beatitudini” (C. 11) e le nostre comunità locali, sempre in uscita, devono vivere insieme le Beatitudini e poi uscire ad annunciarle. Dobbiamo trasformare tutte le strade che percorriamo in annuncio delle Beatitudini del Regno. Per Gesù questo era così importante che non ha esitato a dare la sua vita, ad amare fino all’estremo nella totale oblazione di sé. Come missionari, dobbiamo ricordarci che il nostro stile di vita deve essere in linea con la nostra identità oblata e vivere evangelicamente: dobbiamo scegliere di coltivare le nostre relazioni secondo linee evangeliche di fraternità, mentre allo stesso tempo le nostre case adottano forme semplici che non siano una contro-testimonianza di ciò che predichiamo. È quindi urgente che ogni comunità assicuri la protezione e la tutela dei più vulnerabili e continuare ad aggiornare le pratiche e le politiche che garantiscono questa protezione. Questa dovrebbe essere anche una preoccupazione missionaria di primo ordine in tutte le comunità locali!

Facciamo che le nostre abitazioni diventino case missionarie, centrate su Gesù Cristo, vivendo il Vangelo, accogliendo e proteggendo i più vulnerabili e andando per le strade come pellegrini di speranza in comunione.

Ristrutturare la nostra casa comune

Per rendere le nostre abitazioni delle vere case, a volte dobbiamo ristrutturarle. Con l’arrivo dei figli, è necessario pensare a come ristrutturare la casa per accoglierli, proteggerli e permettere loro di crescere. Anche chi vive in una tenda da nomade o da rifugiato deve pensare ad ampliare il proprio spazio per ospitare una famiglia che aumenta (Is 54,2-3). Altre volte, si ristrutturano le case per permettere agli anziani o ai malati di vivere bene e di essere assistiti. A volte si tratta di piccole opere, altre volte sono opere più complesse. Se tutto è fatto bene, la casa, senza perdere la sua identità, sarà una casa migliore, adatta alle esigenze della famiglia. Ebbene, il Capitolo generale ci sfida a ristrutturare la nostra casa comune in due direzioni: il progetto globale di ristrutturazione della Congregazione degli oblati religiosi e la ricerca di strutture adeguate per far crescere la comunione missionaria tra i membri della nostra famiglia carismatica, soprattutto con i laici.

Il documento capitolare “Pellegrini di Speranza in Comunione” (PSC) ci parla dell’interdipendenza che è una conseguenza della dinamica di comunione che genera la vita evangelica come risposta a una vocazione comune. L’interdipendenza richiede la realizzazione di azioni concrete per il bene comune della famiglia. Queste azioni devono essere guidate dai principi di solidarietà e sussidiarietà. La solidarietà ci invita a condividere anche ciò che è necessario per il bene comune. La sussidiarietà è il principio secondo cui ogni livello di azione deve essere rispettato e aiutato a svolgere le proprie competenze. Questi due principi possono aiutarci a vivere l’interdipendenza in modo dinamico e giusto.

Il poco o il tanto che facciamo influisce, nel bene e nel male, su tutta la nostra famiglia e, allo stesso tempo, ciò che gli altri fanno e vivono ci appartiene. Dobbiamo discernere cosa fare, ma dobbiamo essere consapevoli che la passività, il non fare nulla, mette in pericolo la nostra famiglia. Cosa fare e come farlo insieme? Non si tratta solo di cambiare strutture esterne, ma è soprattutto una chiamata alla conversione personale e comunitaria. Non serve a nulla abbellire la “casa” se coloro che la abitano non si impegnano a migliorare le loro relazioni alla luce del Vangelo. Credo che il primo e più importante passo si compie nella nostra vita personale e nella vita della nostra comunità locale.

La C. 29 ci invita ad aiutarci “vicendevolmente a trovare la pienezza della gioia nella vita comunitaria e nell’apostolato. Qui trovo il calore di famiglia di cui abbiamo bisogno: aiutarci a vicenda, nella verità e nella carità, per trovare pienezza di vita e gioia nella nostra vocazione missionaria e comunitaria. Spesso, il primo passo del nostro pellegrinaggio consisterà nell’incontro con il fratello della porta accanto, per aiutarci reciprocamente a vivere con gioia la nostra vocazione e per poter intraprendere insieme il nostro cammino. Un passo così corto a volte non è facile e forse sembra impossibile. Confidiamo in Gesù e nel suo Spirito per percorrere questo cammino che a volte richiede momenti di riconciliazione e di perdono.

Mi colpisce il tono categorico della C. 91 che dice: “Ogni Oblato ha il diritto e il dovere di appartenere ad una comunità locale e di partecipare alla sua vita e alla sua missione”. Vivere in comunità è un diritto che tutti e, a tutti i livelli, dobbiamo rispettare e promuovere. Dobbiamo tentare tutto, prendendo decisioni coraggiose, affinché ogni oblato con voti possa sviluppare questo diritto e questo obbligo. I requisiti minimi si trovano nelle Costituzioni e Regole e sono, tra gli altri: “Comunità che aiutano gli Oblati a diventare sempre più uomini di preghiera e di riflessione, a vivere il Vangelo senza compromessi, in modo da rendersi liberi per una più grande fedeltà alla loro vocazione nel quadro di un progetto comune; [è] formata almeno da tre Oblati, [nella quale] il Superiore locale ha il compito di animare e dirigere” (C.91 – 93). Chiedo a tutti i membri della nostra famiglia carismatica di aiutarci a vivere questi elementi essenziali.

Qualcuno mi dirà che non basta vivere sotto lo stesso tetto perché la comunità sia una casa missionaria. Questo è vero. Per questo, mentre stiamo elaborando il “piano generale delle opere” richiesto dal 37° Capitolo, con l’umiltà di riconoscere che sono io il primo a dovermi mettere in cammino, oso proporre alcuni passi da fare insieme per riscoprire la bellezza della nostra vocazione e camminare nella cura della nostra casa comune per farne una vera casa missionaria come quella di Aix.

Alcune proposte per camminare insieme come pellegrini:

1. Invito ogni membro della nostra famiglia a fare di tutto perché coloro che vivono il carisma nella loro comunità locale trovino gioia e felicità nella loro vocazione e missione (C.29).

2. Invito ogni membro della famiglia carismatica a valutare il proprio stile di vita e quello della propria comunità locale alla luce delle CC e RR e del Vangelo.

3. Invito ogni comunità locale a elaborare il proprio progetto comunitario e missionario, in collaborazione con altri membri della famiglia carismatica. Un modello semplice è suggerito nel documento capitolare “PSC”: pellegrini (Formazione continua e Costituzioni e Regole) di speranza (Casa comune Laudato Si’ e Interdipendenza) in comunione (Ristrutturazione, Laici e Famiglia carismatica). Altri modelli si trovano nel documento “Sostenere e discernere la missione degli Oblati”.

4. Che ogni Missione, Delegazione e Provincia valuti la vita comunitaria della propria Unità alla luce delle CC e RR (comunità con un minimo di tre oblati, con un progetto comunitario e missionario concreto, che condivida ciò che si è e ciò che si ha, con un superiore e una struttura adeguati al contesto) e metta in esecuzione – prima della prossima riunione intercapitolare – le modifiche alle CC e RR approvate dal 37° Capitolo generale.

5. Che il mandato del 37° Capitolo generale riguardante i laici associati (PSC,V,h) e la protezione delle persone vulnerabili (PSC,V,e) sia messo in pratica nelle comunità e nelle Unità locali.

6. Come governo centrale, oltre all’attuazione, al nostro livello, di quanto detto sopra, ci impegniamo ad attuare il mandato del Capitolo generale sulla ristrutturazione della Congregazione (PSC,V,k) presentando al prossimo incontro intercapitolare proposte da discernere negli anni che precedono il 38° Capitolo generale.

7. Come governo centrale, sosterremo ogni Unità per animare e vivere la comunità evangelica secondo le nostre CC e RR e per rimodellare le Unità secondo i criteri delle stesse prima del prossimo Capitolo generale. Cercheremo anche sinodalmente con i laici e gli altri membri della famiglia carismatica, le strutture più adatte alla loro realtà per camminare insieme nella nostra comune vocazione.

Siamo già in cammino. Un cammino di fede, speranza e carità da cui ci aspettiamo molti frutti missionari. Se tutti noi, in modo sinodale, solidale e sussidiario, seguiamo il cammino che le CC e RR e il 37° Capitolo generale ci propongono, sono convinto che troveremo la strada per costruire quelle comunità missionarie sognate dal Fondatore e che saremo in grado di ristrutturare la nostra casa comune, continuando ad essere la famiglia più unita della terra. Grazie per aver intraprendere questo viaggio, grazie per la vostra dedizione.

Maria Immacolata, che cammina con noi, ci insegni a fare delle nostre case e del nostro mondo una casa per Gesù, per i poveri e i più vulnerabili.

Che Sant’Eugenio e i Beati Oblati ci diano la forza di camminare come loro, docilmente aperti alle sorprese dello Spirito Santo.

Che tutti noi possiamo trovare pienezza di gioia e felicità nella nostra vita comunitaria e nella nostra missione di pellegrini di speranza in comunione.

Vostro fratello pellegrino

P. Luis Ignacio Rois Alonso, OMI
Superiore generale