CONDIVIDERE UN CARISMA

L’ idea che dei laici partecipano in qualche modo alla spiritualità, alla missione, alla vita comunitaria di un istituto religioso non è nuova. Nella storia della vita religiosa troviamo questa realtà con nomi e stili diversi secondo i diversi periodi storici. Legati al monastero benedettino c’erano gli ” oblati”, negli ordini mendicanti ci sono i cosiddetti “terz’ordine”, per gli istituti missionari ci sono i “cooperatori” nella missione, e per gli istituti nel campo educativo o sanitario, gli “ausiliari”, gli “associati”, ecc. Anche su questa scia storica , prima Giovanni Paolo II, e poi Papa Francesco hanno parlato con chiarezza della cosiddetta Famiglia carismatica : “Attorno ad ogni famiglia religiosa, come anche alle Società di vita apostolica e agli stessi Istituti secolari, è presente una famiglia più grande, la “famiglia carismatica”, che comprende più Istituti che si riconoscono nel medesimo carisma, e soprattutto cristiani laici che si sentono chiamati, proprio nella loro condizione laicale, a partecipare della stessa realtà carismatica ” (Papa Francesco, Lettera per l’Anno della Vita consacrata, III.1, 2014 ).

STORIA E FEDELTÀ

All’origine di tutto c’è il carisma

Carisma che può definirsi come ispirazione vivente ovvero un’ispirazione vivente che è data a una persona o a un gruppo di persone. E come ad essi è donato, questi iniziano a vivere incarnando questa ispirazione che si esprime in azioni, in stile di vita e in scelte missionarie. Inizialmente il carisma fu dato a Sant’ Eugenio. Il primo gruppo in cui vediamo il suo carisma all’opera è la Congregazione Giovanile da lui fondata ad Aix en Provence. Egli stava formando i giovani a diventare lievito nella società e così abbiamo l’incarnazione del carisma nei giovani, che dovevano poi portare il lievito agli altri. Quando fu portato a far nascere i Missionari della Provvidenza e gli Oblati di Maria Immacolata, la sua ispirazione viva si incarnò negli Oblati e nella missione che gli Oblati stavano svolgendo. La missione che Eugenio stava svolgendo aveva bisogno di sostenitori. La sua missione era quella di condurre le persone al Salvatore. Successivamente, questi sostenitori della missione, iniziarono a diventare essi stessi cooperatori nella missione e così vediamo l’incarnazione di questa ispirazione vivente negli ASSOCIATI. Eugenio, infatti, fin
dall’inizio, si rese conto che per realizzare la visione che lo Spirito gli aveva dato, aveva bisogno di collaboratori. Aveva bisogno di persone che pregassero per lui ed in questo modo il carisma si è incarnato nei sostenitori della missione. Nel corso della sua vita missionaria, ci sono state persone specifiche che hanno dato loro stesse a quell’ispirazione vivente, al carisma in modo eroico, ed Eugenio le ha invitate a partecipare ai benefici spirituali della Congregazione, rendendole Oblati Onorari di Maria Immacolata. Per la maggior parte della sua vita in cui è stato Vescovo di Marsiglia, Eugenio e’ stato Oblato, vivendo il suo episcopato attraverso il carisma che aveva segnato tutta la sua vita, incarnandolo nelle tante opere di carità che faceva in diocesi grazie alla cooperazione laica. (Frank Santucci).

La storia della Congregazione ci ricorda il costante rapporto tra laici ed Oblati come la presenza tra i 22 Martiri di Pozuelo di un laico, padre di famiglia che testimonia il legame forte tra religiosi e laici nel vivere nella condivisione dell’unico carisma di Sant’ Eugenio de Mazenod, e questa testimonianza è una luce per tutti noi e per le nostre comunità.

Molto interessante è il pensiero di P. Santino Bisignano, secondo il quale è finita la “stagione dell’utilità” dei laici: è necessario passare alla stagione “della profezia”. Tutto ciò comporta un’adeguata formazione dei consacrati come dei laici ad una reciproca ed arricchente collaborazione.Il modo di vivere il carisma da laici non può essere insegnato dai religiosi oblati. Devono essere i laici stessi a dire agli Oblati e ad altri laici come si vive il carisma da laico. C’è anche un bisogno di una sana autonomia del laicato oblato perché possa diventare veramente maturo, adulto, responsabile e “partner” dei consacrati. In alcuni ambiti la frase “il carisma al centro” è come uno slogan ma bisogna passare dal “carisma al centro” al “carisma dentro” ognuno di noi. 

DENTRO UNA STORIA UN’ESPERIENZA

Bisogna avere un cuore missionario. Per alcuni, ciò si compie discretamente nella preghiera, nei servizi domestici, nell’accettazione della malattia, ed essi lo fanno con l’anima di Cristo offrendolo per il bene e la salvezza di tutto il mondo. Per altri, l’impegno sarà più esteriore, più appariscente: ci si dedicherà ai poveri, saranno sostenute le missioni, si lavorerà per esse, ed anche, in certi casi, si andrà a lavorare in terra di missione con gli Oblati. Ma dappertutto, si tratta di un solo spirito che ci anima, quello della Famiglia oblata. (Statuto AMMI)

“Qualche mese fa Ernesto mi telefonò per dirmi che aveva saputo di una famiglia che abitava a qualche km da Somma Vesuviana con una figlia diversamente abile. Mi disse che aveva pensato a me perché sono un’insegnante di sostegno. In un incontro, coinvolsi anche Nadia ed insieme decidemmo di andare per vedere quali potevano essere le esigenze di questa famiglia e se noi potevamo aiutarla in qualcosa. Appena arrivati, fummo accolte dalla piccola Sara, dalla mamma e dal papà. La prima cosa che ci dicemmo quando andammo via fu: “Non sappiamo perché e cosa possiamo fare in questa situazione ma se Gesù ci ha messo davanti Sara e la sua famiglia, qualcosa dobbiamo fare”. Cosa abbiamo fatto? Siamo andate ogni settimana ad incontrare questa famiglia che apriva le porte della casa e del cuore a due perfette sconosciute. Ormai sono mesi che andiamo lì e quando, qualche volta non abbiamo potuto per vari impegni, ne abbiamo sentito la mancanza. Ogni volta veniamo sempre colpite dalla compostezza di questa famiglia: in particolare, un pomeriggio abbiamo assistito ad una crisi durante la quale i genitori hanno dovuto somministrare alla piccola un farmaco salvavita.
Quando ce ne siamo andate, commentavamo che i genitori di Sara vivono continuamente, minuto per minuto, la consapevolezza di poterla perdere e noi a volte ci lamentiamo per cose inutili. Una volta, parlando della disponibilità di alcune persone che conoscevano, il papà ci disse che eravamo “persone di cuore” perché lasciavamo le nostre cose per andare da loro a trascorrere un po’ di tempo. Andare ogni settimana è diventato un appuntamento fisso con il cielo perché quel poco che riusciamo a donare ci viene restituito mille volte tanto”. Pina e Nadia 

DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

  • Qual è il legame tra gli Oblati e le associazioni laicali?
  • Cosa c’è in un nome: Gente Oblata, Famiglia Mazenodiana, Associati Oblati, Amici
    di S. Eugenio e molti altri?
  • Chi è un associato?
  • Come ti identifichi tu nel tuo rapporto con gli oblati?