I POVERI, OGGI, CHI SONO? IL NOSTRO IMPEGNO SOCIALE, UN’UTOPIA?

Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»
(Mc 12,41-44)

Questo breve brano del vangelo di Marco è di una profonda tenerezza, la tenerezza dello sguardo di Gesù per la donna, povera e vedova. Gesù insegna ai discepoli e a noi a guardare con attenzione attorno a noi, anche ciò che sembra insignificante, educa il nostro sguardo a riconoscere nella piccolezza, in ciò che il mondo non considera, i segni della Sua presenza in mezzo a noi. Gli occhi di Gesù non si posano su personaggi celebrati, incensati, che sembrano reggere il mondo, il suo sguardo è, invece, su una moltitudine di silenziosi, di umili, di semplici: sono loro la forza della società, della chiesa, del mondo. Della povera vedova dopo duemila anni non sappiamo quale fosse il suo nome, ma Gesù ce la presenta perché la guardiamo come lui l’ha guardata.

SANT’EUGENIO E I POVERI

Lo sguardo di Gesù per la vedova è lo stesso che Eugenio ha per i poveri. Per noi laici AMMI non è certo un mistero, è la prima cosa che impariamo già dalla Parola del Vangelo che ci guida: “Mi ha mandato ad evangelizzare i poveri” gli ultimi, i più abbandonati, i poveri dai molteplici volti, che chiedono speranza e salvezza: a cui Sant’Eugenio ha rivolto la sua missione, a cui ha fatto scoprire e sperimentare la dignità:

[…] Venite adesso ad imparare da noi cosa siete agli occhi della fede. Poveri di Gesù Cristo, afflitti, disgraziati, sofferenti, voi tutti oppressi dalla miseria, fratelli miei, miei cari fratelli, miei rispettabili fratelli: ascoltatemi! Voi siete i figli di Dio, i fratelli di Gesù Cristo, i coeredi del suo Regno eterno, la porzione scelta della sua eredità; voi siete, come dice San Pietro, la nazione santa, voi siete re, voi siete sacerdoti, voi siete, in qualche modo, dei. Dentro di voi c’è un’anima immortale creata a immagine di Dio, Dio che un giorno è destinata a possedere; un’anima acquistata a prezzo del sangue di Gesù Cristo, più preziosa, davanti a Dio, di tutte le ricchezze della terra, di tutti i regni del mondo”.
(Dagli appunti di Eugenio de Mazenod per le prediche quaresimali del 1813 nella chiesa della Maddalena di Aix en Provence)

Lo sguardo rivolto al povero è anche specificato nell’articolo 5 del nostro Statuto dove si sottolinea che:
“(…)i primi beneficiari della nostra azione missionaria saranno i poveri, i più abbandonati, i più lontani dalla Chiesa o dalla fede cristiana. Infatti, la nostra missione è quella di andare prima di tutto verso coloro la cui condizione richiede a gran voce la speranza e la salvezza che solo Cristo può dare pienamente. Sono i poveri dai molteplici volti: noi diamo loro la preferenza.”

MA CHI SONO I POVERI OGGI E QUAL È IL NOSTRO IMPEGNO?

La pandemia ha messo in luce le nostre false sicurezze, abbiamo scoperto che il male di uno va a danno di tutti, è nata “la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca” (Fratelli tutti, n.32), eppure il mondo interconnesso ha faticato a trovare un modo veloce per agire insieme contro questo inaspettato nemico comune, il Covid ha accentuato le disuguaglianze economiche e sociali già gravemente compromesse da una situazione globale iniqua che premia chi ha già di più a scapito di chi non ha. La diffusa situazione di precariato si è trasformata con la perdita totale del lavoro a causa della chiusura forzata di molte attività per colpa della pandemia, lasciando molti nella miseria e nello sconforto assoluto. Anziani sempre più soli, bambini e ragazzi costretti a relazionarsi con un video (se ce l’avevano!), tutti trincerati nelle proprie case, ostaggi di un nemico invisibile. Chi già viveva ai margini della società ne è stato escluso.
Papa Francesco interpella noi cristiani spesso ponendoci davanti al legame tra fede, evangelizzazione e impegno per gli altri, a partire proprio dai più poveri e dagli esclusi:

“Dalla nostra fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società” (EG 186).

Nella “Laudato Si’” coglie il legame tra le varie forme di disuguaglianze (economiche, politiche, giuridiche, sociali, ambientali) richiamandoci a un impegno concreto a favore di chi fa più fatica ed è “scartato”; impegno necessario per la realizzazione del bene comune, infatti non si può davvero realizzare il bene comune se esso non è il bene di tutti, se resta sempre un divario tra le condizioni di vita delle persone e dei popoli.

Proprio per questo, siamo chiamati a rispondere mettendo in campo le energie migliori per aiutare le nostre comunità a non restare indifferenti al grido dei più deboli, di chi fa più fatica, impegnandoci nella sfida per l’integrazione e il riscatto di chi è “scartato” dalla nostra società. Sempre Papa Francesco ci ricorda che la pandemia ci ha insegnato che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme, ci suggerisce di lasciarci guidare da uno stile: “quello della fraternità che, sebbene sia considerata dai più un’irrealizzabile utopia, è l’unico modo per vivere autenticamente da cristiani.” Papa Francesco ci invita a costruire una mistica della fraternità che sa scoprire “Dio in ogni essere umano” (EG 92)

“Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme!” (Fratelli tutti, n. 8)

A chi piace la matematica, come a chi vi scrive, ricordo una formula matematica dell’impegno per i più abbandonati elaborata da p. W. Steckling […] giocando un po’ con le parole, potremmo dire in linguaggio matematico: portare la speranza ai poveri (s) è uguale alla croce di Cristo (c) moltiplicata per una comunità di testimonianza (t) o, se non sono troppo esagerato, per il quadrato della comunità-testimone.
Così abbiamo la formula: s = ct2 […] diremmo che la nostra formula è quella di servire i più abbandonati, per portare loro un’immensa speranza, in comunità che trascendono i confini.
(W. Steckling, Meditazione missionaria, dicembre 2006)

LA MIA ESPERIENZA

All’inizio di febbraio 2021 sono stata contattata dalla Caritas parrocchiale. Mi chiedevano aiuto per una coppia di fratellini che in quei giorni freddi andavano a scuola indossando solo delle magliettine di cotone e con delle scarpe estive chiuse, ma bucate. La loro famiglia composta da nove persone viveva in un rudere senza porte né finestre e senza riscaldamento. La notizia mi ha gelato il cuore: possibile che in Italia, nella mia città, esistano ancora situazioni simili? Sono stata contatta dalla Caritas perché sapevano che nostro figlio ha la loro età.
Ho iniziato a “spargere” la voce tra le mamme della classe scolastica di nostro figlio e tra le mie amiche. Da quel momento è partito un vero e proprio “passaparola” che ha portato nelle prime due settimane alla raccolta di indumenti di ogni genere per tutti i membri della famiglia (intimo, cappotti, giubbotti, abbigliamento, calzature, coperte). Avevamo due punti di raccolta: la mia casa e quella di un’altra mamma che ha preso a cuore la situazione. Le nostre case erano diventate un “deposito” momentaneo, per dare la possibilità, ai volontari della Caritas, di organizzare il trasporto degli indumenti. Pian piano la richiesta d’aiuto ha raggiunto anche altre realtà nella città Taranto e non solo nel nostro quartiere. Per cui scuole, famiglie, associazioni hanno voluto essere d’aiuto. Insomma un vero e proprio “maremoto” che ha stravolto in positivo la nostra vita e quella di questa famiglia. Sono state raccolte oltre quaranta buste di indumenti e di scarpe usate ma in ottime condizioni, molti capi d’abbigliamento sono arrivati con l’etichetta perché acquistati nuovi, alcuni hanno fatto la spesa con viveri di prima necessità, ma anche prodotti di igiene personale ed infine è anche partita una raccolta fondi con cui abbiamo acquistato generi di prima necessità non deperibili.
Dopo quasi un mese sono stata ricontattata dai volontari della Caritas che mi hanno chiesto di fare da portavoce per le famiglie che sono state aiutate per ringraziare tutti a nome loro ed è quello che ho fatto inviando e chiedendo di inviare ad ogni persona queste righe:
“Quello che facciamo è soltanto una goccia nell’oceano. Ma se non ci fosse quella goccia all’oceano mancherebbe.” (Madre Teresa di Calcutta)
Ognuno di voi è stato quella goccia che è parte dell’oceano. Un oceano d’amore che ha fatto sì che potessimo “farci prossimi” degli gli altri.
L’amore genera sempre amore.
(Katia)