COME CHIESA

Introduzione

Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli (Mt 28,19)

Essere Chiesa significa essere Popolo di Dio, in accordo con il grande progetto d’amore del Padre. Questo implica essere il fermento di Dio in mezzo all’umanità. Vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo. (EG 114).

Questa salvezza, che Dio realizza e che la Chiesa gioiosamente annuncia, è per tutti, e Dio ha dato origine a una via per unirsi a ciascuno degli esseri umani di tutti i tempi. Ha scelto di convocarli come popolo e non come esseri isolati. Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana.(EG 113)

Sant’Eugenio e la Chiesa

Eugenio, durante i primi anni del suo ministero, opera da solo sia con i giovani che con i carcerati e le famiglie. Ben presto si chiede come fare per donarsi totalmente agli altri non per attivismo ma per la gloria di Dio.
[…] Cosa fece Nostro Signore Gesù Cristo? Scelse un certo numero di apostoli e di discepoli, li formò alla pietà, li riempì del suo spirito; e dopo averli formati alla sua scuola, li inviò alla conquista del mondo… (Reg. 1818).
L’evangelizzazione quindi non è un qualcosa di personale, la comunità diventa segno di Dio nel mondo e portatrice della missione. Per Eugenio la Chiesa è il luogo dove si realizza la perfetta comunione tra gli uomini; attraverso la Chiesa e nella Chiesa si realizza il comandamento dell’amore scambievole. Nella Chiesa ci sosteniamo reciprocamente, soffriamo gli uni per gli altri, ci rallegriamo gli uni con gli altri.
[…] Preferisco in effetti formare una comunità regolare di Missionari per cercare di rendersi utili alla diocesi e lavorare contemporaneamente alla propria santificazione … È in comunità che si eserciteranno ad acquisire le virtù e le conoscenza proprie di un buon Missionario… (E.O. I, 13, p.12-13)
Sarebbe illusorio per Lui pretendere di portare il Vangelo al mondo se per primo non nutrisse amore per i fratelli che Dio gli ha dato nella famiglia religiosa.
Eugenio vede la Chiesa partendo dall’esperienza comunitaria con i suoi fratelli … la Chiesa è viva lì dove vivono le singole comunità.

Riflessione

Questo lungo periodo di quarantena che abbiamo vissuto ci ha fatto scoprire la paura per la nostra salute e per quella degli altri, facendoci in questo modo scoprire quanto la nostra vita a volte sia cosi vulnerabile e ricordandoci che spesso e volentieri possiamo anche fare progetti, ma la vita spesso li cambia senza preavviso. Le nostre abitudini, il nostro lavoro, lo studio, o il semplice uscire per fare una passeggiata è stato totalmente stravolto e ci siamo ritrovati, ciascuno di noi, ad affrontare una situazione nuova che però ci ha fatto riscoprire valori che forse troppo spesso abbiamo dato per scontati. Famiglie che si ritrovano insieme a tavola, vicini di casa o giovani che provvedono alla spesa o a passare in farmacia per aiutare chi è nel bisogno, tanta attenzione, tanta solidarietà e tanta cura tra le persone. Semplici gesti di ascolto, di attenzione all’altro, di servizio reciproco, di fraternità e di stima rispettando le diversità caratteriali e spirituali. Abbiamo assistito e assistiamo ancora ad una generosa ed eroica dedizione di medici, infermieri, operatori sanitari, sacerdoti, religiosi e volontari verso gli ammalati, i morenti, i bisognosi, mettendo a repentaglio anche la propria vita.
E in un momento in cui si è fisicamente lontani, anche questo è diventato il nostro essere Chiesa: lo sguardo e la mano verso chi ci sta materialmente accanto e il cuore verso chi è momentaneamente distante. Aver vissuto nelle nostre comunità il comandamento nuovo e aver sperimentato la presenza di Gesù fra noi è ciò che ha dato la forza e lo slancio ad ognuno di noi di buttarsi in questa nuova, seppur sofferta, esperienza.
Questo cuore che ci pulsa dentro, il voler rimetterci in Dio seppur lontani, ci ha spinto in questo isolamento forzato a sfruttare in modo creativo le nuove tecnologie mettendoci in contatto non solo con chi è solo e bisognoso, ma anche con le nostre stesse comunità per continuare a vivere il senso di appartenenza e di familiarità … Solo insieme possiamo capire cosa ci è chiesto come Chiesa per essere al servizio dell’uomo.

Testimonianza

In questo periodo non possiamo andare a Messa, non possiamo toccarci, né vederci come vorremmo, e allora come fare ad essere una comunità viva anche a distanza? È possibile? Come comportarci quando la nostra vita e quella degli altri viene totalmente stravolta? Perché a volte nostro malgrado ci ritroviamo catapultati in situazioni difficili proprio come dei passeggeri di un treno senza destinazione che corre veloce, dove l’unica cosa possibile da fare a volte è quella di aggrapparci forte e affidarci a quei passeggeri che Dio ci mette accanto.

“All’età di 25 anni mi sono ritrovata a combattere con qualcosa di più grande di me. In teoria a quell’età si dovrebbe avere il mondo sotto i piedi e non ritrovarsi in un letto di ospedale, ma la vita è così. Dei primi giorni di ricovero ho vaghi ricordi; il dolore e i tentativi dei miei amici di starmi vicino, il più delle volte devo dire che suscitavano l’effetto contrario, ma apprezzavo il gesto, non è facile trovare le parole giuste, spesso la gente volta le spalle alla malattia, farsi avanti e toccare il dolore per mano è difficile.
Una volta ho sentito una frase “è più facile essere consolati che consolare”: a distanza di tempo dal mio tumore mi rendo conto che è così. È strano ma in quei giorni ogni volta che sentivo il peso di quella Croce enorme e spesso troppo grande per me, all’improvviso ricevevo una carezza di Gesù attraverso una telefonata, una visita inaspettata o un video … già un video! il mio fidanzato si inventò una sorta di challenge fra i miei amici e la mia famiglia “oblata” allargata, si nominavano tra loro e ogni giorno mi arrivava un video divertente dove il nominato di turno si prendeva in giro raccontando un proprio limite che avrebbe cercato di superare; credo che abbiano partecipato un centinaio di persone, mi sono arrivati addirittura video dal Congo, dalla Spagna, insomma da qualsiasi parte. Ogni giorno ricevevo un video, ricordo che lo aspettavo con ansia, era diventa una sorta di appuntamento fisso sia per me e anche per alcune infermiere che a furia delle mie risate ne erano venute a conoscenza. Confesso che per qualche mio amico mi sono preoccupata, per la loro sanità mentale, ma ragazzi vi voglio bene proprio perché siete cosi pazzi! Per molti mesi non ho potuto vedere persone, essere abbracciata, toccata, diciamo una sorta di quarantena molto più strong, ma non mi sono mai sentita così amata come in quel periodo ed è come se Dio mi avesse messo sempre una persona accanto. Per questo dico che la Chiesa può esserci anche a distanza, ma solo se è fatta di persone che si mettono in gioco a prescindere dal risultato finale, che cercano di stare vicino al prossimo anche sapendo che a volte si potrebbe ricevere un porta in faccia perché in fondo è quello che Gesù ci ha insegnato, e vi assicuro che di porte in faccia in quel periodo ne ho date tantissime, ma pensate per un attimo se io non avessi avuto nessuno intorno a me che mi cercasse? Non nascondiamoci nelle frasi “non volevo essere di disturbo”, a volte anche un “ciao, ti penso” riempie il cuore. La mia malattia poteva essere benissimo un incubo ma non lo è stato perché alcune persone hanno deciso di starmi accanto se pur a distanza. Quindi insomma non abbiamo scuse e rimbocchiamoci le maniche!” …