COMUNIONE

La Parola di Dio

Per il resto, fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.
(Cor 13, 11-13)

Per riflettere

La comunione, nel suo significato originario, è l’armonia tra due o più persone. La parola deriva dal latino communio, corrispondente al greco koinonìa. L’etimologia della parola risale a “con-unione”, cioè unione di più persone o cose. Il termine comunione può essere riferito a significati diversi. Nel diritto civile, la comunione è la situazione per la quale la proprietà o un altro diritto reale spetta in comune a più persone (“comproprietà”). Nel Nuovo Testamento la comunione è un segno distintivo dei cristiani, ed è un frutto del dono dello Spirito Santo. Dio è presente là dove esiste una tensione viva verso la ‘perfezione’ alla quale si tende con gli altri e mai senza di loro (1 Cor 1,2). La perfezione prima di essere escatologica (1Cor 13,10) è ‘storica’, è a nostra misura anche se nei limiti delle nostre possibilità, perciò l’apostolo scrive: “ricercate la perfezione”, cioè “cercate di mettervi in ordine” nel senso che “i membri della comunità devono aiutarsi vicendevolmente nell’educazione così da rafforzarsi l’un l’altro, anche se il successo finale è e rimane opera di Dio.
Cosa occorre fare? Le condizioni per sperimentare tale ‘perfezione’ sono: a) l’incoraggiamento vicendevole; b) unità; c) pace. Il credente serio, il discepolo di Gesù, deve sforzarsi di vivere in pace con tutti (condominio, vicini di casa, ambiente di lavoro, ecc.) per quanto dipende da lui (Rm 12,18), ma a maggior ragione deve farlo con i propri fratelli e sorelle di fede.
La vita di una comunità deve risultare esemplare per quanti non vivono la realtà del dettato evangelico. Non si è ‘comunità’ se non si vive il Vangelo nel quotidiano, essendo presenti efficacemente nel mondo, nella società del nostro tempo.
Il risultato o il frutto di tale condotta sarà la presenza del “Dio dell’amore e della pace”.
Il credente sa che deve ‘gioire’, ‘rallegrarsi’ con chi gioisce ma anche ‘piangere’ in modo solidale ed empatico con chi piange; condividere il suo dolore, la sua sofferenza, essergli accanto nelle svolte e nelle problematiche difficoltà esistenziali. Una tale “gioia” sarà vera solo se si è in cammino insieme verso la “perfezione”.

  1. Nelle nostre comunità permane la gioia dello stare insieme?
  2. Il nostro operare è testimonianza della comunione di fede vissuta in comunità?

Dagli scritti di Sant’Eugenio

“La carità è il perno su cui si snoda tutta la nostra esistenza. La carità per il prossimo costituisce una parte essenziale del nostro spirito. La pratichiamo prima di tutto tra di noi amandoci come fratelli, considerando la nostra società come la famiglia più unita che esista sulla terra; rallegrandoci delle virtù, dei talenti e delle altre qualità dei nostri fratelli come se fossimo noi stessi a possederle; sopportando con dolcezza i piccoli difetti che qualcuno non ha ancora superato, coprendoli con il manto della più sincera carità e così via. Riguardo agli altri, considerandoci solo come i servi del Padre di famiglia, incaricati di soccorrere, aiutare, riunire, ricondurre i suoi figli mediante il lavoro più assiduo, fra tribolazioni e persecuzioni di ogni genere, senza aspettarci altre ricompense all’infuori di quelle promesse dal Signore ai servi fedeli che compiono degnamente la loro missione”.
(29 luglio 1830)

Testimonianze

“Solamente l’intimità della Comunione sincera genera Comunità”.
La Comunione che crea Comunità che io ho sperimentato e continuo a sperimentare non necessita necessariamente di frequentazione quotidiana, di contatto continuo ma solo di semplicità e autenticità. Ci sono occasioni in cui la Vita mi ha fatto sperimentare questa quotidianità nell’autenticità ma anche moltissime occasioni in cui, pur non poggiando su una frequentazione costante, ho sperimentato l’esistenza di un filo invisibile che consente, a chi si pone con umiltà e semplicità di comunicarsi all’altro nella verità. La preparazione del concorso a Dirigente Scolastico ha visto coinvolte sia me che Carmela, entrambe della Comunità di Aversa, entrambe chiamate da quell’invito, fattoci da giovani dall’oblato che ci seguiva, a cambiare la società nell’ottica dell’Amore, partendo dai punti strategici, quelli che richiedono responsabilità sempre crescenti, senza tirarsi indietro, come la Politica, la Scuola, la Sanità… ma con la chiave della semplicità e dell’umiltà. È stata proprio la semplicità che ha caratterizzato la nostra iniziale esperienza, che si è evoluta in familiarità, nel senso di familiarità domestica. Tra noi la Comunione è stata facilitata dalla condivisione e dal desiderare ardentemente il bene dell’altra, ovviamente sacrificando del proprio (penso alle innumerevoli volte in cui Carmela, stanca dal lavoro, passava per confortarmi e ascoltare il ripasso del giorno). Con lei c’è stata la concretezza del vissuto quotidiano che crea in un attimo le condizioni per la comunione.
(Rosangela)

“La comunione sostiene il cambiamento”.
L’aver sostenuto da privatista l’esame di maturità presso l’Istituto alberghiero quest’anno, per me sposata e madre di due figli adolescenti, è stata un’esperienza di vita e di crescita personale, che mi ha fatto smussare quegli angoli del mio carattere che mi rendono insicura… La fiducia nel Signore e l’essere supportata dalla mia comunità, punto fermo e centrale delle mie scelte, mi ha consentito di sentirmi guidata con mano fino alla fine… Nell’attesa di sostenere la prova scritta, ultimo step, avevo letto la parola di vita sullo lo Spirito Santo; leggevo le tracce e cercavo di capire quale avrei potuto svolgere. Una dei commissari, vedendomi indecisa, mi si avvicina e mi chiede di mostrargliele, le giro il foglio e lei dopo averle esaminate, indicandomene una, mi dice che su quella traccia c’era molto da dire. Non mi ricordo neanche più cosa ho scritto, ma i pensieri scivolavano via con facilità. Alla fine un altro collega mi ha chiesto come avessi fatto, in mezz’ora, a terminare la prova. L’ho guardato e a mani giunte ho indicato il Cielo….
(Rosa)