Roma, festa della Famiglia oblata. 19 maggio 2019

21 maggio 1861, nella stanza del fondatore morente

«”Monsignore, gli chiese uno di noi, diteci qualche parola da poter comunicare a tutti i nostri fratelli: ne saranno così felici” – “Assicurateli che io muoio felice… Che muoio felice perché il buon Dio ha voluto scegliermi per fondare nella Chiesa la Congregazione degli Oblati” – “Manifestateci l’ultimo desiderio del vostro cuore” – “Praticate bene tra voi la carità… la carità… la carità… e fuori, lo zelo per la salvezza delle anime”

Le letture che la V domenica di Pasqua ci offre sono particolarmente adatte a dare fondamento biblico al testamento spirituale che s. Eugenio ha lasciato a tutti noi della Famiglia oblata. Mi soffermo, in particolare sul Vangelo.

Gesù annuncia ai suoi discepoli la sua partenza: “Figlioli, ancora per poco sono con voi”. E come per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri”.

Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua a essere presente in mezzo a noi. La presenza di Gesù nel mondo è molteplice: nell’Eucaristia, nella sua Parola, nei poveri… ma anche nella sua comunità (Mt 18,20), lì dove i membri sono uniti nell’amore.

Gesù parla di un “comandamento nuovo”. Qual e la novità di questo comandamento? Già nell’Antico Testamento Dio aveva dato il comandamento dell’amore, come ricorda Gesù allo scriba che lo aveva interrogato su quale fosse il comandamento più grande della Legge: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la mente. Questo e il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo e simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,38-39; cf. Mc 12,29-30).

Il comandamento è diventato nuovo in quanto vi e stata apportata da Gesù un’aggiunta molto importante: “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato». Dandoci il comandamento nuovo, Gesù ci chiede di seguire il suo esempio.

Ciò che muove Gesù nell’andare incontro agli altri è la misericordia e la com-passione: si commuove per le folle e per i singoli. La misericordia è il sentimento che prova la mamma nei confronti del bimbo che sente fiorire in grembo e che vede venire alla luce e crescere: si colora di tenerezza, attenzione, cura, correzione, perdono, condono, provvidenza. Ogni sua azione è mossa dal bene per il proprio figlio.

Se guardiamo alla vita di Gesù possiamo scorgere alcuni tratti specifici che caratterizzano il suo modo di amare. Faccio solo qualche esempio.

  • Gesù evidenzia il positivo che c’è nell’altro, anche quando l’altro lo “offende”: «Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaele gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!» (Gv 1,45ss). Gesù avrebbe potuto reagire diversamente nei confronti di Natanaele, ma sceglie di rispondere sottolineando una sua qualità positiva e questo fa scattare qualcosa in Natanaele che gli fa cambiare opinione su Gesù. L’atteggiamento di Gesù è stato la base per costruire una relazione costruttiva.
  • Non reagisce d’istinto ma rimane radicato, fino alle estreme conseguenze, alla Verità di cui Lui stesso è portatore, l’amore per la vita dell’altro: «Entrarono in un villaggio di Samaritani … . Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio» (Lc 9, 52ss).
  • Conserva la pazienza e l’amorevolezza anche quando dovrebbero cadergli le braccia: dopo il suo annuncio della passione i suoi si mettono a discutere su chi sia il più grande. E Gesù, con calma, continua ad insegnare loro spiegando che è più grande colui che serve… (Lc 22,22-26)
  • Manifesta di avere a cuore tutti, nessuno escluso: «E chi è il mio prossimo» (Lc 10,29) chiede il dottore della Legge a Gesù che ha appena ricordato qual è il comandamento più grande: «Amare Dio… e amare il prossimo». Per il dottore della legge è un problema determinare chi sia questo prossimo. La sua è una domanda restrittiva, «mira a focalizzare chi debba essere incluso nella (e chi dunque escluso dalla) nozione di prossimo… Gesù… sa che la domanda contiene un’eco dei dibattiti dei maestri del tempo a proposito del concetto di prossimo. Chi è il prossimo da amare, chi deve essere oggetto dell’amore a cui invita il comandamento? I familiari, quelli del clan? Gli amici? Gli appartenenti al popolo d’Israele?» (E. Bianchi), quelli della stessa religione?… Per Gesù, invece, la vera domanda non è: “Chi è il mio prossimo?”, ma è “chi si è fatto prossimo?”. Gesù invita non a selezionare il prossimo ma a farsi prossimo di ognuno, chiunque esso sia.
  • Sulla croce rivela il massimo del suo amore. A questo punto si potrebbero dire tante cose. Mi fermo a questa: dalla Croce non rispose alla provocazione di chi gli diceva di scendere per convincerli che era veramente Dio. Col card Comastri anche noi potremmo chiedere «“Perché, o Signore, non sei sceso dalla Croce rispondendo alle nostre provocazioni?” “ Non sono sceso dalla Croce perché altrimenti avrei consacrato la forza come signora del mondo, mentre è l’amore l’unica forza che può cambiare il mondo. Perché, o Signore, questo pesantissimo prezzo? Per dirvi che Dio è Amore, infinito Amore, Amore onnipotente. Mi crederete?”»

Il discepolo di Gesù vive tutte queste caratteristiche dell’amore, ed altre ancora, nella reciprocità. C’è un testo sintetico e significativo del catechismo degli Adulti, La Verità vi farà liberi, che al n. 500 afferma: «I credenti sono responsabili gli uni degli altri; tra loro vige la legge della reciprocità: devono stimarsi a vicenda, accogliersi, edificarsi, servirsi, sostenersi, correggersi, confortarsi. Nel mutevole intrecciarsi di tante storie personali si attua una incessante comunicazione di carità».

L’amore reciproco, che è la condizione grazie alla quale diamo a Gesù la possibilità di vivere in mezzo a noi, è una realtà da custodire e sostenere. Assieme al nostro personale impegno siamo sicuri che ci accompagnerà una grazia speciale, ci aiuterà lo Spirito Santo che è amore, dono che scende dall’alto e che è dato per tutti.

(p. Gennaro Rosato)