FORMAZIONE

Introduzione

Vogliamo soffermarci in questo mese di febbraio sul tema della formazione, pensando ad un percorso di crescita e di preparazione alla vita quotidiana come un “conversare” continuo e familiare con Dio, indispensabile e fondamentale per ogni missionario. Per aiutarci in questo abbiamo scelto il brano del Vangelo di Luca del ritrovamento di Gesù al Tempio, alcuni stralci tratti dalla lettera scritta da Sant’Eugenio a p. Mille il 3 gennaio 1831 e dall’intervento durante la visita alla casa N.D. du Laus il 22 giugno 1828.

Dal Vangelo di Luca (Lc 4,39-52)

Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui. I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Riflessione

Il concetto di formazione ha molteplici significati ed è usato in diverse discipline; in usi figurati è riferito allo sviluppo psicofisico e intellettuale della persona, o, con senso attivo, all’educazione civile, spirituale e morale, o alla preparazione e all’addestramento specifici. Lo sviluppo psicofisico ed intellettuale, ma anche spirituale, presuppone comunque un atteggiamento di curiosità, approfondimento, ascolto, interrogazione, di un’attenzione che pone domande, che cerca di ottenere informazioni o chiarimenti. Sono tutti atteggiamenti che ritroviamo in Gesù quando di fronte ai dottori, nel tempio, pone domande, interroga, sta attento alle risposte ed il suo ascolto attivo è capace di entrare nel merito degli argomenti trattati, capace di costruire pensiero, capace di leggere dentro la Parola, di fare collegamenti tra la Parola e la propria vita. Ci chiediamo allora: di fronte alla Parola noi, personalmente e come comunità, siamo capaci di porre delle domande? Siamo capaci di ottenere dalla Parola informazioni utili alla nostra vita? I latini dicevano che la storia è maestra di vita e le varie fasi della nostra crescita, che rappresentano la nostra storia, determinano sicuramente la nostra vita. Il brano del Vangelo che abbiamo riportato si chiude con l’immagine di Gesù che torna a Nazareth e sta sottomesso a Giuseppe e Maria, crescendo in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Gesù cresce a Nazareth, nella sua famiglia, nelle faccende che occupano ogni normale famiglia di questo mondo. Gesù vive a Nazareth per trent’anni, che corrispondono ad una generazione, ad una vita. Una intera vita per imparare ad essere uomini. È di una bellezza straordinaria che il Signore abbia scelto di mettersi alla scuola della vita ordinaria degli uomini per imparare ad essere uomo: essere accolto dalle mani di una madre e di un padre, essere nutrito, ricevere ed essere grato, parlare e ascoltare, giocare e lavorare, sognare, sorridere, piangere, condividere il tempo, le attese e le fatiche, le notti e i giorni, l’amore. E noi quale scuola stiamo seguendo per diventare veri uomini, cristiani, santi? Un’attività formativa non può prescindere da un’attività di studio, non può non essere direttamente associata ad un’attività di apprendimento. Per Sant’Eugenio lo studio è propedeutico alla missione, anzi bisogna impegnarsi nello studio della perfezione per essere dei buoni missionari. Questo il suo pensiero in proposito.

Lettera a p. Mille superiore a Billens, 3 gennaio 1831

Non saprò mai raccomandare troppo di non trascurare lo studio, non solo della teologia e della filosofia, ma anche delle belle lettere. Bisogna combattere gli errori del secolo con le armi del tempo. Sono sempre più meravigliato nel vedere tanti giovani delle file del nemico scrivere così bene, con tanta arte e talento, per sostenere menzogne e inganni di ogni specie. Bisogna prepararsi anche a questo genere di combattimento, che si sappia bene la propria lingua e che ci si eserciti a usarla. Sarà tempo speso bene. Fate uscire il fuoco dalla pietra; a questo scopo bisogna battere, perché la fiammella si produce con l’urto. Ma non perdete mai di vista che lavorate per Dio, che vi è interessata la gloria del suo santo nome, che la Chiesa reclama da voi questo servizio…

Intervento durante l’atto di visita alla casa di N.D. su Laus, 22 giugno 1828

Se abbiamo detto che osservando puntualmente questa Regola del silenzio e del raccoglimento si sarebbe studiato di più, è perché abbiamo creduto di vedere che non si studiava per niente. Ora, chi potrebbe esentare da questo dovere sacerdoti, religiosi, che non solo devono essere il sale della terrà, ma anche la luce del mondo? Studiare non è accontentarsi, di tanto in tanto, di leggere qualche libro per pura curiosità e senza frutti duraturi. Per studiare è necessario avere un piano, leggere quanto si connette a questo piano, annotare quanto si legge, aggiungere le proprie riflessioni, consultare diverse opere che confermino, corroborino o chiariscano la materia di cui ci si occupa. Si studia, quando sempre più ci si istruisce nella teologia, quando si approfondiscono le Scritture, quando si compongono i discorsi, quando si preparano le istruzioni per le missioni o per i ritiri. Sarebbe un grosso errore credersi dispensati dallo scrivere perché si sono fatte molte missioni…

Chiudiamo la riflessione di questo mese con un estratto dal discorso pronunciato da Papa Francesco in occasione dell’incontro con il mondo della scuola italiana avvenuto in Piazza San Pietro il 10 maggio 2014, ed infine con un’esperienza particolare di formazione.

…Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a imparare, – è questo il segreto, imparare ad imparare! – questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava anche un grande educatore italiano, che era un prete: Don Lorenzo Milani. (Papa Francesco)

Esperienza

Insegno italiano e storia in un liceo di Messina e con una mia collega abbiamo iniziato tre anni fa a fare volontariato in una casa di accoglienza per minori non accompagnati, insegnando italiano agli immigrati che, appena sbarcati, non potevano accedere immediatamente al sistema di istruzione. Mettere a servizio le nostre competenze è stato per noi importantissimo, convinte che, per chi arriva, imparare la lingua italiana è la prima forma di inserimento, anche per poter usufruire dei diritti umani. Dopo un incontro con lo scrittore Eraldo Affinati, in occasione della presentazione di un suo libro, siamo venute a conoscenza della scuola Penny Wirton che lui e sua moglie hanno fondato a Roma, e così, in rete con altre associazioni, abbiamo aperto un punto didattico Penny Wirton nella sede dell’associazione Wind of Change, Associazione di Promozione Sociale che abbiamo fondato, insieme ad altre persone della Famiglia Oblata, nel 2013. Le lezioni gratuite, fatte da docenti appassionati, da persone che non si arrendono e che continuano a credere nel futuro, diventano così relazione, comunione di culture e servizio: insegnare la lingua italiana, regalare scarpe, portare un po’ di spesa, vestiti, giocare con loro a calcio. Tutto questo è trasformare la scuola in vita. Intorno ad un tavolo, seppur tutti diversi, siamo tutti pronti a metterci in gioco in un rapporto vero. Formarsi e servire: come facciamo noi con la lingua italiana, così fanno Giuseppe con l’arte, Gabriele con la fotografia. Sulla scia di don Milani, insegnare la lingua italiana agli immigrati in un rapporto uno a uno, senza voti, senza giudizi, significa imparare a conoscere Brema, Sunday, Ebrima, Keita, Mariama, Emily, Dickson, solo per nominare alcuni dei nostri alunni, guardarli negli occhi, accoglierli. Non mandiamo mai via nessuno: la formazione diventa così educazione, libertà, gratuità, accoglienza, democrazia. Esmeralda De Maria, AMMI Messina