QUOTIDIANITA’

Introduzione

Vogliamo vivere in questo mese di dicembre la “quotidianità” come via privilegiata della missione del laico ma anche il tempo che Dio ha scelto di condividere con l’uomo. Per aiutarci in questo abbiamo scelto il brano del Vangelo di Luca della visita di Maria alla cugina Elisabetta e la Costituzione omi 31.

Dal Vangelo di Luca 1,39-56

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Riflessione

Essere missionari nel quotidiano è davvero una bella una sfida. L’incontro di Maria con Elisabetta ci offre l’opportunità di metterci in quest’ottica. Maria, dopo l’annunciazione dell’angelo che le ha dato quella notizia straordinaria, dove avrebbe concepito il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo, non è rimasta chiusa in casa godendosi quel bel momento di contemplazione paradisiaca ma è uscita di casa in fretta per andare a raccontare a sua cugina Elisabetta quella straordinaria notizia che aveva appena ricevuto. Ha condiviso con i sentimenti, le parole e i gesti ciò che aveva appena vissuto. Si è fatta un lungo viaggio tra le montagne per raggiungere la sua casa ed è rimasta con lei tre mesi mettendosi a suo servizio. Maria ci aiuta ad “uscire di casa” “ad uscire da noi stessi e dalle nostre comodità” per raccontare l’esperienza di Dio agli altri nella vita quotidiana di tutti i giorni, in famiglia, a lavoro, con gli amici, senza paura, senza vergogna, con semplicità, ognuno come lo Spirito gli suggerisce, senza aspettare chissà quale preparazione dottrinale.

Papa Francesco nella Evangelii Gaudium 120 dice che “se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni. Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù”.Non ci facciamo allora troppi problemi!

Un’altro aspetto importante che ci viene da questa visita di Maria ad Elisabetta è l’incontro tra generazioni, l’incontro tra giovani e adulti. Spesso tra giovani e adulti non ci sono incontri ma “scontri”, dovuti spesso da una mancanza di accoglienza e ascolto mutuo senza giudizio in entrambi i casi. Impariamo da queste due donne di generazioni diverse a trasformare gli scontri in incontri.

Dalla Costituzione omi 31

…ogni atto della loro vita è occasione d’incontro con Cristo che, tramite loro, si dona agli altri, attraverso gli altri, si dona a loro. Mantenendosi in un’atmosfera di silenzio e di pace interiore, ricercano la presenza del Signore nel cuore della gente e negli avvenimenti della vita quotidiana, come lo ricercano nella Parola di Dio, nella preghiera e nei Sacramenti.

Maria, donna feriale

Chi sa quante volte l’ho letta senza provare emozioni. L’altra sera, però, quella frase del Concilio, riportata sotto un’immagine della Madonna, mi è parsa così audace, che sono andato alla fonte per controllarne l’autenticità.

Proprio così. Al quarto paragrafo del decreto del Concilio Vaticano II sull’Apostolato dei Laici c’è scritto testualmente: «Maria viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro».

Intanto, Maria viveva sulla terra.

Non sulle nuvole. I suoi pensieri non erano campati in aria. I suoi gesti avevano come soggiorno obbligato i perimetri delle cose concrete. Anche se l’estasi era l’esperienza a cui Dio spesso la chiamava, non si sentiva dispensata dalla fatica di stare con i piedi per terra. Lontana dalle astrattezze dei visionari, come dalle evasioni degli scontenti o dalle fughe degli illusionisti, conservava caparbiamente il domicilio nel terribile quotidiano.

Ma c’è di più: Viveva una vita comune a tutti.

Simile, cioè, alla vita della vicina di casa. Beveva l’acqua dello stesso pozzo. Pestava il grano nello stesso mortaio. Si sedeva al fresco dello stesso cortile. Anche lei arrivava stanca alla sera, dopo una giornata di lavoro.

Anche a lei un giorno le dissero: «Maria, ti stai facendo i capelli bianchi». Si specchiò, allora, alla fontana e provò anche lei la struggente nostalgia di tutte le donne, quando si accorgono che la giovinezza sta sfiorendo.

Le sorprese, però, non sono finite, perché venire a sapere che la vita di Maria fu piena di sollecitudini familiari e di lavoro come la nostra, ci rende questa creatura così inquilina con le fatiche umane, da farci sospettare che la nostra penosa ferialità non debba essere poi così banale come noi pensiamo. Sì, anche lei ha avuto i suoi problemi di salute, di economia, di rapporti, di adattamento.

Chi sa quante volte è tornata dal lavatoio col mal di capo, o sovrappensiero perché Giuseppe da più giorni in bottega non aveva molto lavoro.

Chi sa a quante porte ha bussato chiedendo qualche giornata di lavoro per il suo Gesù, nella stagione dei frantoi.

Chi sa quanti meriggi ha malinconicamente consumato a rivoltare il pastrano già logoro di Giuseppe, e ricavarne un mantello perché suo figlio non sfigurasse tra i compagni di Nazareth.

Come tutte le mogli, avrà avuto anche lei dei momenti di crisi nel rapporto con suo marito, del quale, taciturno com’ era, non sempre avrà capito i silenzi.

Come tutte le madri, ha spiato pure lei, tra timori e speranze, nelle pieghe tumultuose dell’adolescenza di suo figlio.

Come tutte le donne, ha provato pure lei la sofferenza di non sentirsi compresa, neppure dai due amori più grandi che avesse sulla terra. E avrà temuto di deluderli. O di non essere all’altezza del ruolo.

E, dopo aver stemperato nelle lacrime il travaglio di una solitudine immensa, avrà ritrovato finalmente nella preghiera, fatta insieme, il gaudio di una comunione sovrumana.

Don Tonino Bello