Di passaggio lo scorso autunno dai missionari Saveriani a Parma, mi rendo conto che la sorte di quelle che furono le case di formazione delle congregazioni missionarie è simile. Luoghi una volta pullulati da decine di giovani, pieni di gioia e speranza per un futuro di passione missionaria, si sono trasformate in case di riposo che ospitano, doverosamente e con dignità, uomini che hanno trascorso decenni nei continenti, impegnati nell’annuncio missionario e nella vicinanza ai poveri. Tempo di sacrificio, dedizione, rischio. Come anche di preghiera, ascolto e condivisione. Verso la fine della vita si ritorna tra le mura del primo amore, ricche di volti, ricordi e forse rimpianti.
Negli ultimi anni un solo giovane italiano è entrato tra i missionari Saveriani. Ha fatto il noviziato in Messico. La sorte degli altri istituti missionari, PIME, Consolata e Comboniani in Italia, è solo leggermente migliore. Le giovani leve nostrane sono poche. Nel decennio 2008-2017 sono stati sette i giovani italiani ordinati sacerdoti tra i Missionari Oblati di Maria Immacolata. Sembra che la missione sia passata di moda, che pochi siano disposti a rischiare la vita per una vocazione esigente (come tutte le vocazioni), radicale, scomoda e ricca allo tempo stesso. I giovani italiani sembrano impegnati in altro. Si affannano nella ricerca di un presente significativo che assicuri un buon avvenire. A trent’anni sono ancora tra le mura domestiche a fare i conti con responsabilità sociali più grandi di loro. Intelligenti, ma timidi. Piuttosto impauriti. Con un età psicologica più bassa di quella che compare sulla carta di identità. Incontrando i delegati al Capitolo generale OMI del 2016, papa Francesco ebbe modo di dire che il mondo ha bisogno ancora di energie missionarie. “Il lavoro da compiere per realizzare tutto ciò (una chiesa per tutti, ndr.) è vasto; e anche voi avete il vostro specifico contributo da offrire… Il campo della missione oggi sembra allargarsi ogni giorno… Pertanto c’è bisogno di voi, della vostra audacia missionaria, della vostra disponibilità a portare a tutti la Buona Notizia che libera e consola”. Significa che il mondo, la chiesa, vogliono contare sulla presenza di persone che danno la vita per il vangelo, che si fanno prossimi dei poveri nelle periferie geografiche ed esistenziali. Perché questo si realizzi c’è bisogno di nuove leve. Di uscire dal proprio mondo (angusto) per respirare la vita. Gesù Cristo chiama ancora a seguirlo sulla strada della missione. L’anno delle vocazioni oblate, iniziato l’8 dicembre, porti frutti saporiti.

(editoriale di Pasquale Castrilli omi, tratto da Missioni OMI 3/2018)