Carissimi confratelli Oblati e membri della Famiglia Oblata,

con altri numerosi anniversari celebriamo nel 2018 anche i 200 anni della Prima Regola. Guidato dallo Spirito a riunire attorno a sé alcuni compagni con il preciso scopo di rievangelizzare la campagna provenzale, il giovane Eugenio sentì subito l’urgenza di dare alla piccola e giovane società un codice di vita, una regola in grado di aiutare tutti i membri, come aveva già delineato nella petizione ai Vicari generali di Aix, dove, con i primi cinque compagni, sollecitava l’autorizzazione a vivere in comunità, nel vecchio Carmelo di Aix, da poco acquistato.

Ecco un passaggio della “petizione”, che specifica i due obiettivi principali della prima Regola e della prima comunità:
“Fine di questa Società non è solo il ministero della predicazione per la salvezza del prossimo, ma ha anche quello di fornire ai membri i mezzi per praticare le virtù religiose. Sono così desiderosi di viverle, che alcuni sarebbero disposti ad osservarle per tutta la vita in qualche ordine religioso, se non avessero la speranza di trovare nella comunità missionaria gli stessi vantaggi dello stato religioso”.
Dovremmo leggere più spesso questa richiesta del 25 gennaio 1816. È un “testo basilare” per la famiglia e la spiritualità oblata, una vera “Regola in miniatura”.

Nell’introduzione al libro “Pregare con le Costituzioni”, i PP. James Sullivan e Richard Haslam descrivono la vita oblata come un progetto a lungo termine: “Essere Oblato significa vivere la visione evangelica che il Fondatore e ognuno di noi ha ricevuto dallo Spirito Santo”. Questo punto di vista si esprime nelle Costituzioni, “libro di vita”, che contiene gli elementi fondamentali della vocazione religiosa e missionaria, espressione permanente del carisma. Da una parte, le Costituzioni cristallizzano e riflettono l’esperienza di tutta la Congregazione, rafforzando e confermando la vita quotidiana; dall’altra, ci mostrano l’ideale che dovrebbe ispirare il progetto di vita.

Le Costituzioni ci dicono chi siamo e chi dovremmo essere. La realtà e l’ideale si intrecciano in una continua tensione, che ci coinvolge e si traduce in una crescita paziente e quotidiana, dalla realtà all’ideale, affinché l’ideale si concretizzi nella vita.

La Regola del 1818 si è resa necessaria soprattutto per la fondazione di Notre Dame du Laus, prevista per l’inizio nel 1819. Eugenio riteneva importante per la giovane società mantenere l’unità tra tutti i membri, come scrive nelle Memorie: “Ho pensato fosse mio dovere riunire in un consiglio straordinario tutti i membri della società, compresi i giovani non ancora ordinati. Aprendo una nuova comunità in un’altra diocesi, era necessario far applicare a tutti i regolamenti e, per noi, era inoltre questione di avere costituzioni più complete, più vincolanti, stabilire una gerarchia, in una parola, coordinare tutto, in modo che ci fosse una sola volontà e lo stesso spirito guidasse la nostra condotta”.

Eugenio parte subito per Saint Laurent du Verdon, con i giovani Moreau e Suzanne e rimane lì tre settimane. Con i due compagni ha alcune conversazioni spirituali e pratica gli esercizi religiosi. Il resto del tempo lo trascorre tutto solo nella stanza. Seduto o inginocchiato davanti alla scrivania, sulla quale ha posto la sua croce missionaria, redige le prime Regole e Costituzioni della Congregazione, come riferiscono i PP. Rambert e Rey nella biografia di Eugenio.

C’è un altro motivo che ha reso necessaria la Regola: la decisione di introdurre i voti religiosi, ratificata nel Capitolo, iniziato e probabilmente terminato il 24 ottobre 1818.
Nella presentazione alla Congregazione del Commento alle Costituzioni e Regole di P. Jetté, P. Mercello Zago le ha definite punto di riferimento per l’identità oblata, fonte di approfondimento del carisma, mezzo concreto per discernere la volontà di Dio, riflessione evangelica, che ci aiuta a comprenderne le esigenze, strumento di rinnovamento di singoli e comunità.

Ricordava poi quanto Eugenio scrisse il giorno dopo l’approvazione pontificia, il 18 febbraio 1826: “La conclusione da trarre: attaccarci con tutto il cuore e l’anima alle Regole e metterle in esattamente in pratica”. E pochi anni dopo, negli appunti per il ritiro annuale (verso la fine del 1831): “Coltiviamo sempre una profonda stima per questa preziosa Regola, teniamola sempre davanti agli occhi, e soprattutto nel cuore, nutriamoci continuamente dei principi che contiene; non dire nulla, non pensare nulla che non sia conforme al suo spirito. Solo in questo modo saremo ciò che Dio vuole che siamo, degni della nostra sublime vocazione “.

La Commissione permanente per le Costituzioni e Regole, istituita dal Superiore Generale durante la prima Sessione plenaria del Consiglio Generale del 2016, ha avviato un progetto per tutta la Famiglia Oblata, allo scopo di preservare ruolo e valore delle Costituzioni e Regole per la nostra vita e missione nella Chiesa e nel mondo. In occasione del Bicentenario delle Regole, il comitato invierà a tutti gli Oblati un questionario semplice e basilare. Aiuterà ciascuno di noi a riflettere e valutare la propria vita e il ministero alla luce di quel gioiello che è la Regola.
Sarà questa anche l’occasione unica per rinnovare l’impegno nel cammino di conversione e rinnovamento, intrapreso negli ultimi anni nella Congregazione.
Non basta aver lavorato per tanti anni sul nuovo testo delle Regole, adattandolo ai tempi in cui viviamo, nello spirito dell’aggiornamento voluto dal Concilio Vaticano II. Non basta che le parole ispirino la vita e il ministero, né possiamo accontentarci di leggerle e studiarle, o usarle come riferimento occasionale per valutare la vita Oblata. Per continuare a crescere e ad ispirarci al carisma oblato, dobbiamo assimilare i valori contenuti nelle Costituzioni.

Viviamo l’Anno di preghiera per le vocazioni oblate: vivere la vocazione, assimilare il carisma, dipende dalla nostra capacità di appropriarci dei valori, incarnarli nella vita, assimilarli come linee guida e forza che ci motiva.
Le Costituzioni sono un dono del Signore, e come tale dobbiamo chiederlo, con umiltà e senso di responsabilità, nel desiderio di trasformarlo in azione. La preghiera è essenziale per interiorizzare la Regola. Nel giorno dell’Oblazione perpetua, riceviamo il libro delle Costituzioni e Regole con parole che contengono una promessa di vita: “Fai questo e vivi!” E la Costituzione 168 ci riporta a questo momento, ricordandoci che “…con l’Oblazione, ogni Oblato assume la responsabilità del patrimonio comune della Congregazione, espresso nelle Costituzioni e Regole e nella tradizione di famiglia”. È un’eredità comune da ricevere, amare e trasmettere, insieme alle tradizioni della famiglia. Ogni Oblato è esortato a lasciarsi guidare da queste norme, in una fedeltà creativa all’eredità trasmessa da Sant’Eugenio di Mazenod.

Papa Francesco, nel discorso rivolto ai Capitolari il 7 ottobre 2016, ha fatto riferimento alla Regola e all’ultimo Testamento del Fondatore. “Seguendo l’esempio del Fondatore, la carità tra voi è la prima regola di vita, il cuore di ogni azione apostolica, e lo zelo per la salvezza delle anime è la conseguenza naturale di questa carità fraterna”. Il Papa ci invita dunque a vedere nella Regola il riflesso dell’ispirazione carismatica del Padre comune e del suo Testamento. La carità tra noi e, al di fuori, lo zelo apostolico rimangono i due pilastri su cui poggia il carisma, la nostra ragion d’essere nella Chiesa e nel mondo, la sintesi dell’identità e attività missionaria.
Possa questo anniversario trovarci disposti a continuare il percorso di rinnovamento, sempre attivo nelle nostre vite e comunità.

La Madonna e Sant’Eugenio benedicano la nostra famiglia, accompagnandola nel viaggio missionario nel mondo di oggi!

Vostro fratello oblato, con la mia preghiera e il mio affetto, in Gesù Cristo e Maria Immacolata,

Louis Lougen, OMI