Domenica di Pentecoste – Anno C

Pensando alla festa di oggi, e allo Spirito Santo suo protagonista, mi venivano in mente due paroline: pienezza e concretezza. Due caratteristiche fondamentali dello Spirito, il “braccio” con il quale l’amore di Dio ci raggiunge.
E, visto che Gesù stesso ci dice che lo Spirito Santo “ci insegnerà ogni cosa”, prendiamo alla lettera questa affermazione e ci lasciamo spiegare da questo maestro, attraverso due discipline, “perché” lo Spirito è pienezza e concretezza. Ricorreremo all’aritmetica per capire la pienezza e alla grammatica per la concretezza.

Partiamo dall’aritmetica, sperando di… “non dare i numeri”.
La pienezza dello Spirito Santo è sottolineata già dal significato stesso di pentecoste, che in greco significa “50esimo giorno”. Siamo a 50 giorni dopo Pasqua, l’evento culmine della storia. 50 è dato da 7×7+1. 7 settimane, ossia 7 volte 7 giorni. Il numero 7 in ebraico era il simbolo della pienezza, della compiutezza, della misura che era colma. Ricordiamo l’episodio in cui Pietro, volendo fare il simpatico, domanda a Gesù se deve perdonare “fino a 7 volte”, pensando di essere esagerato (come a dire: devo perdonare sempre?); e Gesù, che non è secondo a nessuno in quanto a ironia, gli dice di perdonare invece “fino a 70 volte 7”! Ecco allora che la Pentecoste mette in risalto proprio questo aspetto della pienezza dello Spirito: 7 settimane, 7 volte 7 giorni, per dire “la pienezza della pienezza”, a cui si aggiunge ancora un giorno (come a dire: l’infinito+1) a mo’ di ciliegina sulla torta. Pentecoste, tra l’altro, era una festa che il popolo di Israele celebrava già anticamente, e che veniva chiamata proprio “festa delle settimane”. Una festa agricola in cui si ringraziava per la pienezza del raccolto. Pentecoste per noi allora è proprio questo: una festa in cui possiamo ringraziare per una pienezza alla quale possiamo attingere.
Lo Spirito Santo che ci è donato ci permette di pescare a piene mani nell’amore di Dio, metterci faccia a faccia con questo amore senza che nulla ci sia tolto. Attraverso lo Spirito Santo è un Dio senza sconti, un Dio in tutta la sua infinità che ci viene offerto. Non c’è nemmeno un pizzico dell’amore di Dio che non ci sia accessibile.
Addirittura lo Spirito ci può far gridare “Abbà”, paparino; ci fa figli, eredi di tutto il patrimonio del Padre!
Però… quanto siamo refrattari a questa pienezza. Quanto non riusciamo ad accedervi. Forse per quella paura che ci assale di fronte alle cose troppo grandi! Per cui, spesso, ci accontentiamo delle briciole di Dio, perché rinchiusi nelle nostre idee di Dio troppo piccole. Senza raggiungere così quella pienezza che nello Spirito Santo ci è offerta. La Pentecoste dovrebbe “spalancare” le porte e le finestre del cuore, della mente e dell’anima per far entrare l’amore di Dio tutto intero, in ogni angolo della nostra esistenza.
Ma, come spesso accade, la matematica non è il nostro forte; per cui anche queste semplici operazioni non ci riescono troppo bene.
E allora cambiamo materia e passiamo alla grammatica, attraverso cui cercheremo di capire invece la “concretezza” dello Spirito Santo.

Quando ero alle elementari la nostra maestra ci spiegava l’analisi grammaticale; il giorno in cui cercò di spiegare alla classe il concetto di “nome astratto”, ce li spiegò dicendo che erano delle entità che “non si potevano toccare”. La maestra, ovviamente, si riferiva a quei concetti impalpabili come “amicizia, sincerità, amore”. Un mio amico, analizzando una frase con la parola “fuoco”, classificò questo termine come “nome astratto”; alla domanda della maestra sul perché di questa scelta, Luigi (questo il nome del mio amico) rispose candidamente che “il fuoco non si può toccare, se no ti bruci!”.
Ecco, lo Spirito Santo mi sembra tanto un concetto che spesso viene frainteso allo stesso modo. Si crede che non si possa toccare, e viene così relegato in quelle cose che per noi sono astratte. Ma davvero lo Spirito Santo non si può toccare? In fondo noi stiamo parlando della realtà più concreta possibile! Lo Spirito Santo è la concretezza della fede! È attraverso lo Spirito che il Padre ha creato il mondo; l’incarnazione stessa è “opera dello Spirito Santo”, come recitiamo nel Credo; lo Spirito creatore (e creativo) che fa, agisce, trasforma, mette in atto, opera cambiamenti. È l’agire stesso di Dio nei nostri confronti. È il Suo amore che ci raggiunge, concretamente, che ci fa sentire la Sua presenza, che ci fa cogliere gli interventi di Dio non solo nella storia in generale, ma nella NOSTRA storia personale. È quella realtà per cui io concretamente posso percepire l’amore di Dio. È Provvidenza fattiva, è intervento visibile, è manifestazione di ogni cosa reale che mi fa dire: “Dio agisce”.
Se non riusciamo ad avere questa percezione dell’azione di Dio, attraverso lo Spirito Santo nella nostra vita, allora stiamo messi male. Lo Spirito sì che diventa un concetto astratto, ma perché ce lo facciamo diventare noi, perché sfugge a noi la sua concretezza.
Apriamo allora gli occhi; la Pentecoste è la festa in cui questa concretezza di Dio si rivela in tutta la sua potenza.
Altrimenti rischiamo di essere un po’ ignoranti non solo in “matematica”, ma anche in “grammatica”.
E non perché il maestro chiamato a spiegarci ogni cosa non sia bravo… ma perché, probabilmente, ha a che fare con cattivi scolari.
Una cosa che ripeto spesso; come quando a scuola ti dicevano: “il ragazzo è intelligente, ma non si applica…”