Grottaferrata, 3 aprile 2016, Domenica della Misericordia
Di cosa vorrei parlavi in questa omelia? Di due cose che incrociandosi diventano una cosa sola:
- vorrei parlarvi innanzitutto della misericordia di Dio, della sua bontà infinita: siamo nella Domenica in Albis, la Domenica che papa Giovanni Paolo II ha voluto dedicare alla Divina Misericordia. Il Salmo ci ha fatto ripetere ad ogni strofa: il suo amore è per sempre.
- Vorrei poi, è la seconda cosa, cercare di mettere in evidenza come questa Bontà di Dio si incrocia e si manifesta nel dono che Jacopo farà di sé con la sua Oblazione, con la sua Consacrazione definitiva.
Ci vuole un titolo: «L’omelia più bella. La storia del pane»
Qual è l’omelia più bella? Chiese una volta un prete ad una persona. E quegli rispose: «Quella più breve… » e «più vera», possiamo aggiungere noi.
Gesù ci diede un esempio nella sinagoga di Nazaret: dopo la lettura del testo di Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione, mi ha mandato ad annunciare il lieto annuncio ai poveri…» come omelia, semplicemente disse: «Oggi si è compiuta questa scrittura che avete udito nei vostri orecchi». Poche parole di commento che rivelano la sua vita. Cioè la sua vita sarebbe stata la spiegazione di quel brano.
Oggi Jacopo senza dire niente, fa un’omelia importante. La scelta di vita che da oggi si impegna a vivere ci parla di una risposta d’amore, della sua disponibilità definitiva per Dio: «Ti voglio seguire, non solo per oggi, ma per tutta la vita, sulla strada dell’annuncio di quella Parola bella e potente e che ha la forza di cambiare la vita delle persone che l’ascoltano».
Questo è quello che Jacopo farà oggi durante questa celebrazione.
Come è arrivato fin qui?
Per spiegarvelo vi racconto una storia, la storia del pane. Attraverso di essa possiamo
- contemplare la Bontà di Dio e
- intuire la scelta di vita di Jacopo.
Il pane è un elemento fondamentale per la Celebrazione della s. Messa. Viene presentato all’offertorio insieme al vino perché attraverso la preghiera di consacrazione diventino il corpo e il sangue di Gesù, Vita nostra.
- Contempliamo la bontà di Dio
Il pane ed il vino che presentiamo sono innanzitutto segno della “benedizione di Dio”, della sua vicinanza a noi, del suo prendersi cura della nostra vita. E noi lo riconosciamo e ci rivolgiamo a Lui benedicendolo: “Benedetto sei Tu Signore, Dio dell’Universo. Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane/vino…”.
Perché il pane è frutto della bontà di Dio? Chi è un po’ distratto può pensare che il pane sia semplice prodotto dell’ingegno umano, ma si sbaglia.
Si sbaglia perché il pane è «frutto della terra». Pertanto nel pane è presente la terra, terra madre e feconda, che con la sua fertilità alimenta i suoi figli. Benedetto sei tu, Signore, per la terra che ci hai donato! Per milioni di anni l’hai preparata, perché fosse madre dei tuoi figli ancora oggi. Non c’è pane senza una terra che riceva nel suo seno la semente.
Questa terra riceve anche la pioggia, per cui il pane è frutto della terra bagnata dall’acqua. Benedetto sei tu, Signore, per la pioggia che ci doni. Grazie ad essa fai crescere i germogli!
Ma come può, l’acqua, salire verso l’alto vincendo il suo peso, concentrarsi e muoversi per aria, fino a decomporsi in milioni di gocce, con le quali irrigare il suolo, centimetro per centimetro? Una forza l’ha sollevata, una forza più forte della forza di gravità: il sole con il suo calore. E allora Benedetto sei tu, Signore, per la forza del sole!
Il sole, che appartiene a un sistema che centra ed equilibra i pianeti, fa parte di costellazioni e galassie. Astri che ruotano e si mantengono in equilibrio mobile e prodigioso; senza inciampare, senza stancarsi; ciascuno ha il suo posto ed esercita una forza esatta e precisa, così che la terra possa ricevere a suo tempo la pioggia e possa produrre il suo frutto: il pane, frutto della terra e dell’acqua, del sole e degli astri….
Adesso comprendiamo meglio perché diciamo: Benedetto sei Tu, Signore, Dio dell’Universo…: per fare un semplice pezzo di pane ci vuole il Signore dell’universo.
Frutto della terra significa anche tempo e ritmo, perché il grano non germina improvvisamente, in un momento. Bisogna contare sul ritmo breve di notte e giorno, come pure su quello più ampio delle stagioni: il freddo silenzio dell’ inverno, il sorprendente risveglio della primavera, il calore crescente dell’estate. Tutto è necessario perché il grano arrivi a maturazione. Benedetto sei tu, Signore, per questo pane, frutto della terra e delle stagioni!
Quanto deve essere grande l’amore di Dio per noi se si impegna a fare in modo che l’Universo intero cooperi affinché non manchi a noi il pane di ogni giorno!
Il pane é anche frutto del lavoro dell’uomo: questo lo sappiamo bene e ne facciamo esperienza quotidiana: il pane non nasce così in natura, é espressione dell’attività dell’uomo, di tanti uomini (contadini che seminano e mietono, inventori di macchinari, meccanici che mettono a punto le macchine, trasportatori, panettieri, commercianti…). Questo pane è segno della collaborazione di tanti, dell’interdipendenza e quindi della ricchezza della complementarietà; è segno del frutto che può portare la comunione dei diversi.
Ora: Cosa ne facciamo di questo pane? La maggior parte viene portato al supermercato per essere venduto come nutrimento. Una parte, però, piccola, viene presentata all’altare, è il nostro modo per dire GRAZIE al Signore che nella sua Provvidenza pensa a noi. C’è, però, di più. E lo esprimiamo con queste parole dell’offertorio:
Noi lo offriamo a te perché diventi per noi cibo di vita eterna.
C’è fame e fame; c’è la fame che stringe lo stomaco, ma c’è anche fame di senso, di pace, di vita vera e infinita. Nelle mani del Signore che lo consacra, questo pane si trasforma e diventa una sorgente di una vita che soddisfa in profondità e che non passa.
2. La bontà infinita di Dio si manifesta nella vita e nella scelta di consacrazione di Jacopo
Nella storia del pane consacrato c’è anche la storia di Jacopo:
Benedetto sei tu Signore, Dio dell’universo, dalla tua bontà ho ricevuto questa vita.
La vita è un dono di Dio. Lo sapeva bene Eva, la prima donna che ha partorito un essere umano. Così leggiamo nel libro della Genesi: «Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: “Ho acquistato un uomo dal Signore”» (Gn 4,1).
Lo sapeva bene anche il salmista che presta la voce al credente di ogni epoca: «Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre» (Sal 139,13).
Giustamente allora Jacopo dice: Benedetto sei Tu Signore Dio dell’Universo dalla tua bontà ho ricevuto questa vita, frutto della terra e del lavoro dell’uomo…
Per produrre il pane c’è voluta la terra, la pioggia, il sole, le stagioni…
Di quante situazioni Dio si è servito per far crescere la vita di Jacopo?! La sua storia vissuta, con le sue notti e i suoi giorni, con le giornate di pioggia e quelle illuminate dal sole, con l’alternanza e lo specifico di ognuna della stagioni di vita vissute, questa storia accompagnata dalla sapienza amorosa di Dio, è stato un elemento importante per la maturazione del seme che ha portato qui Jacopo oggi…
E poi c’è voluto il lavoro dell’uomo: pensiamo alla cura amorosa dei genitori, della famiglia, il contributo del gruppo degli amici, degli educatori, e di tutti coloro che hanno contribuito alla sua formazione umana, intellettuale, spirituale … quante persone: tutte segno della bontà di Dio per Jacopo.
Ad un certo punto Jacopo sente che Dio gli chiede: cosa vuoi farne di questo pane che è la tua vita? E Jacopo pian piano, progressivamente ha maturato questa risposta: la offro a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.
Jacopo offre la sua vita a Dio perché, nelle mani di Dio, diventi un dono per l’umanità.
Il giorno in cui Jacopo penserà di essere lui, con la sua bravura, con le sue competenze, col suo saper fare, di essere lui il pane per gli altri, senza passare per il dono di sé a Dio che a sua volta lo ridona al mondo, scadrà a semplice pane di salumeria. Non è di Jacopo che la gente ha bisogno, ma di quel Dio di cui Jacopo vuole diventare trasparenza.
Non è l’amore limitato e fragile dell’uomo a dare pienezza di vita agli altri che si incontrano lungo la propria vita, ma l’amore di Dio che prende forma nella carne consacrata di chi si dona a Lui: col voto di castità Jacopo si impegna ad amare Dio con tutto il cuore per poter amare con il cuore di Dio ogni persona.
La consacrazione di Jacopo diventa così un segno della misericordia di Dio, del Suo Amore, del Suo prendersi cura di tutti noi: attraverso la vita “trasformata” di Jacopo, Dio vuole, anche attraverso di lui, farsi compagno di tutti coloro che Jacopo incontrerà. Questo è il senso dell’Oblazione.
«Qual è la cosa più bella della vita del missionario?», chiesero una volta a p. Zago (è stato un personaggio importante per gli Oblati e per la Chiesa: Padre generale e poi Segretario di Propaganda Fide). Rispose: «La cosa più bella è il poter condividere l’amore di Dio per le persone».
Augurio finale e invito:
Qual è l’omelia più bella? Dicevamo all’inizio.
Che la vita di Jacopo, offerta e consacrata dal Signore, possa essere un messaggio di Dio, una sua Parola potente, capace di portare consolazione, gioia e vita a tanti. È l’augurio che vogliamo fargli.
Concludo con una domanda che è un invito:
Qualcuno, come Jacopo, vuole fare della sua vita la predica più bella mai ascoltata?
Non sto semplicemente chiedendo se qualcuno vuole consacrarsi al Signore alla maniera di Jacopo. Anche questo, ma non solo. Voglio dire: qualcuno (speriamo tutti) vuole diventare veramente ciò che è chiamato ad essere?
Ognuno di noi qui presente, per il fatto di essere battezzato è già consacrato a Dio e da Dio; porta scritto, per questo, nel profondo di sé, la vocazione ad essere pane buono per la vita degli altri.
Jacopo, in questo caso, ha accettato di essere memoria vivente di questa realtà, ha accettato cioè, di dedicare la sua vita per ricordare agli altri, ad ogni persona, la sua vera identità: essere pane buono uscito dalle mani buone di Dio per la vita degli altri.
Se tutti ci rendessimo conto e ci sforzassimo di viverlo, prestissimo cambierebbe il volto della Terra.
Auguri Jacopo
Auguri a ciascuno di noi.
p. Gennaro Rosato omi