Come festeggiano il Natale i nostri missionari all’estero? Abbiamo chiesto loro di raccontarci l’esperienza del Natale nelle diverse culture, scoprendo che, nonostante la diffusione globale degli aspetti più commerciali, resiste ancora la specificità e l’unicità della festa in ciascun Paese. Senza dimenticare quei cristiani che, da minoranza (a volte perseguitata), continuano a dare la dignità che merita al Dio che si fa carne ancora una volta.

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Romania – Una festa in famiglia

002_005.inddLe feste e le tradizioni popolari du-rante il tempo di Natale in Romania si chiamano “feste invernali”. In questo periodo si vivono un miscuglio di tradizioni religiose cristiane e tradizioni popolari. Essendo un paese di maggioranza cristiana ortodossa, il Natale è una grande festa religiosa, anticipata da un periodo di Avvento (4 settimane per i cattolici e 6 per gli ortodossi). Il Natale è una festa della famiglia. Tutti si ritrovano a tavola per condividere i piatti tradizionali rumeni con tanti preparati di carne, in modo speciale carne di maiale. Prima di Natale si sacrifica il maiale. La tradizione popolare chiamata “Ignatul porcilor” ha le radici nella religione dei vecchi daci, quando il maiale era sacrificato come simbolo della divinità delle tenebre che indeboliva il sole nel giorno più breve dell’anno (20 dicembre), solstizio d’inverno. Un’altra tradizione popolare è visitare le case, le famiglie e cantare dei canti che parlano della nascita di Gesù. Questi canti si chiamano “Colinde”. Come ricompensa, coloro che cantano (“colindatorii”) possono ricevere diversi doni: “covrigi” (taralli), mele, noci o soldi. Uno dei canti più conosciuti è “Steaua sus rasare” (La stella si fa vedere in alto) e racconta la nascita di Gesù. (Lucian Bosoi OMI)

Uruguay – Una grande festa estiva

002_005.inddIn Uruguay a metà dicembre finiscono le scuole, già inizia il caldo e si respira aria di vacanza. A Natale si è abituati a stare vicino al caminetto ascoltando lo scoppiettare del fuoco e guardando dalle finestre la neve che viene giù. Qui bisogna cambiare il registro: niente freddo e neve, ma caldo e spiaggia. In Uruguay il processo di laicizzazione delle feste cristiane, ha trasformato il Natale nella festa della Famiglia, ma sebbene i festeggiamenti siano presenti, non tutti sanno il perché. È sacrosanto riunirsi con tutta la famiglia e aspettare la mezzanotte mentre si cena e si preparano i fuochi artificiali. Al Cerro di Montevideo, il Natale è davvero spettacolare, molto più dell’ultimo dell’anno! I giorni che precedono la festa sono caotici, gente che va e che viene affollando le strade, i negozi con mille luci e, nonostante il sole cocente, del Bambinello nemmeno l’ombra. Nel primo pomeriggio il quartiere è avvolto da una strana nebbia, si prepara il fuoco per l’asado (grigliata) che, prima di essere servito, deve cuocere diverse ore. Nel tardo pomeriggio si sente l’odore della carne sulla brace, meno gente per strada, i negozi chiusi. I ragazzi cominciano a lanciare i primi petardi… arriva la notte. In tutte le case la musica accesa, un’aria di festa, tutti quelli che ti incontrano ti dicono: “Buon Natale”. Per un piccolo gruppo c’è la celebrazione nella chiesa o nella cappellina; con i ragazzi del catechismo si fa il presepe vivente, a cui partecipa- no i familiari che vanno per vedere “la recita dei bambini”. In nessuna casa manca l’albero con gli addobbi, in altre il presepe si considera ancora importante. La cena non è proprio in sintonia con la stagione, si finisce mangiando frutta secca, torrone, panettone, fichi secchi, datteri. Se si riesce ad andare sulla collina della fortezza lo spettacolo è assicurato, fuochi artificiali di tutti i tipi, la gente per le strade con le bottiglie di spumante. Si festeggia fino a tarda notte e il 25 dicembre il silenzio è impressionante, il movimento si riattiva dopo mezzogiorno. (Antonio Messeri OMI)

Guatemala – Le tradizionali “Posadas”

002_005.inddNatale in Guatemala è speciale. Prende tutto il mese di dicembre. È tempo di vacanze (le scuole cominciano a metà gennaio e finiscono a metà ottobre), un po’ freddino sulle montagne, meno caldo a livello del mare. Ma cos’ha di speciale il Natale del Guatemala? Dobbiamo risalire al XVII secolo, quando dalle isole Canarie arriva l’Hermano Pedro (1626-1667) che prende residenza nell’allora capitale del Guatemala, Antigua. Sceglie di stare nella periferia, tra i più poveri: gli indigeni. Apre una scuola di alfabetizzazione, un piccolo ospedale e chiede l’elemosina per alimentare i suoi assistiti. Promuove le celebrazioni, che tanto piacciono alla gente povera, tra cui la Via Crucis e “las Posadas”. Las Posadas rappresentano la ricerca di un alloggio di Maria e Giuseppe che sono in attesa della nascita di Gesù. Ogni giorno Maria, Giuseppe, l’asinello e un gruppo di fedeli, vanno in cerca dell’alloggio. L’Hermano Pedro organizzava las Posadas con i bambini, ma anche adesso sono tanti i bambini che accompagnano Giuseppe e Maria con rudimentali strumenti musicali. Quando si arriva alla casa designata, il gruppo di bambini e fedeli chiede, a nome di Maria, alloggio. Sulle prime i padroni di casa non vogliono aprire la porta, ma quando riconoscono che è Maria colei che chiede, aprono la porta di casa, si realizza una piccola celebrazione e si finisce condividendo tamales e ponch di frutta. Quanto durano las Posadas? Possono durare anche tutto il mese di dicembre. Il 24 dicembre, prima della celebrazione del Natale, tutte le immagini di Maria e Giuseppe si riuniscono in chiesa per la benedizione finale e l’arrivederci all’anno prossimo. (Pippo Mammana OMI)

Cina – Alla ricerca di un presepe

“Ci costa lacrime sta’ Ammerica, a nui napulitan, nui ca ci chiagnimm o’ sol e’ Napoli”, cosi cantavano nell’imminenza del Natale gli emigranti nella terra che aveva motivato il loro partire, ma che non riusciva a colmare quel desiderio struggente di ritrovarsi intorno alla tavola apparecchiata la sera della vigilia di Natale. Che ne è del Natale dunque in terra cinese per uno che come me è venuto in qualche maniera in cerca di “fortuna”? Ricordo il primo Natale in una piccola stanza adibita a cappella con un bambolotto adagiato sul pavimento a fare da Gesù bambino. Molte delle case italiane sono piene di presepi dove si ricrea l’atmosfera natalizia con una miriade di personaggi che fanno da contorno al bambinello affidato alle tenere cure di Maria e Giuseppe (e il più delle volte statuette “made in China”). Eppure qui in Cina, il paese dove si produce la stragrande maggioranza delle decorazioni natalizie è veramente difficile trovare un presepio. Il ristorante sotto casa ha una gran faccia di Babbo Natale (“Sheng Dan lao ren”; il “vecchio” del natale) con tanto di barba bianca e berretto rosso, lasciato lì per tutto l’anno a dare il benvenuto ai suoi clienti! Cosi come da babbo Natale si traveste uno di noi in occasione del party di Natale che organizziamo nella scuola elementare del governo dove insegniamo. Col pretesto di celebrare la festa di fine anno della nostra ditta, riuniamo gli studenti con i genitori a cantare “Silent Night”, “White Christmas” e le corrispondenti versioni in cinese. Laddove possibile, nelle chiese autorizzate si celebrano le liturgie natalizie, certo con meno sfarzo, ma non certo con minor fede. Nei villaggi alla periferia di Pechino dove vive la maggior parte della gente proveniente dall’entroterra, ci rechiamo in alcuni asili per organizzare del- le feste; tutti i bambini con il berretto rosso a canticchiare melodie natalizie, assistere alla storia del bambino Gesù, con occhi non più a mandorla, ma ben sgranati, non fosse altro per il regalo da ricevere! Per ora questo è il nostro Natale, abbiamo cominciato così. Il nostro “presepio” non potrà forse ancora gareggiare con quello delle case italiane, però possiamo dire con Eduardo De Filippo “ te piace u presepio? Questo lo stiamo facendo noi, sano, sano”. Volete aggiungervi anche voi come pastori? Abbiamo ancora tanto spazio! (Giovanni OMI)

Senegal – Cristiani, musulmani e il dono della pace

002_005.inddCome si vive la festa del Natale in Senegal? In un paese a stragrande maggioranza musulmana? I cristiani che vivono in brousse, nei villaggi, si preparano al Natale con anticipo. C’è da mettere da parte un po’ di soldi per il cibo e per gli abiti da festa. La sera della vigilia ci si prepara per la messa di mezzanotte: i cori parrocchiali ne approfittano per sfoderare i canti più belli. Dopo la funzione liturgica ci si ritrova per il villaggio, ci si fa visita. Lo stesso si ripete il giorno 25 dicembre: il villaggio diventa un pullulare di visite. I cristiani ricevono la visita dei compaesani, cristiani e musulmani che siano: si offre qualcosa da mangiare e da bere, ci si augura una buona festa e tra mille e interminabili benedizioni si domanda il dono della pace. Lo stesso avviene in maniera simile in occasione delle grandi feste musulmane. Il pranzo del giorno di Natale è abbondante e ricco di carne… A Dakar, la capitale, il clima natalizio è arrivato nel suo aspetto commerciale. Le decorazioni natalizie addobbano i principali centri commerciali e anche diverse abitazioni. Qualcosa però sembra non quadrare. Innanzitutto agli abeti (ovviamente finti) e ricoperti di neve (ancora più finta) bisogna conciliare il termometro che segna quasi 30 gradi (tutti veri) e le angurie (originali e dolci) in vendita al mercato. Colpisce il fatto che il protagonista non sia il Bambinello nato a Betlemme ma un certo Papa Noel (Babbo Natale). Una nota positiva di questa invasione commerciale del Natale è l’attenzione ai bambini: Natale diventa l’occasione per fare regali ai bambini, per fare donazioni a strutture che si occupano di loro. (Claudio Carleo OMI)

di Angelica Ciccone
Tratto da Missioni OMI 12/2015