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A dire il vero, pensare alle due edizioni del libro, fu possibile grazie a un mediatore di classe, il professore Alphonse Ngindu, un sacerdote congolese sulla settantina che aveva accettato di leggere il testo per poi scriverne la prefazione. Era, questo sacerdote, uno del primo gruppo di teologi africani che si batteva per l’inculturazione del Vangelo. Docente alle facoltà teologiche di Kinshasa, segretario della conferenza dei vescovi africani, aveva diretto una rivista, il “Bollettino di Teologia Africana”, per molti anni all’avanguardia nelle ricerche teologiche in Africa.

Nei contatti con lui, la scusa della prefazione si trasformò ben presto in profonda amicizia. Gli lasciai il manoscritto del libro e quando, dopo qualche mese, ritornai a riprenderlo mi riempì di elogi sperticati. Trovava che il tema era di grande attualità; che se ne faceva pubblicazione nel momento giusto; che occorreva prevedere edizioni nelle diverse lingue…

Insomma le sue prime impressioni positive mi incoraggiarono non poco a portare a buon fine ambedue le edizioni del libro. Tanto più che il professor Ngindu, fino ad oggi, continua ad essere un fervente avvocato del valore della comunione presso i suoi studenti e del libro stesso.

Mi soffermo su questi ricordi personali perché incontrarsi con un uomo saggio come lui fu provvidenziale. Mi aiutò a vincere la normale timidezza dovuta alla pubblicazione di un testo in una lingua che non era la mia e in un’Africa che non era il mio continente, se non per sentita adozione. Inoltre, seguire i suoi consigli, come pure accettare in genere la collaborazione altrui, corrispondeva al mio desiderio che il libro fosse un’opera collettiva; da farsi in sinergia con altri, in quella comunione di cui il libro voleva parlare. Approfitto quindi per ringraziare tutti quegli amici che mi hanno aiutato con i loro suggerimenti.

Per il resto, le reazioni dei primi lettori francofoni del libro furono buone. Sembrava sensibilizzarli a un modo diverso e originale di essere missionari. Quel modo centrato sul comandamento nuovo del Signore. Un modo nel quale avrebbero potuto trovarsi a loro agio per vivere più “missionariamente” la loro fede in Cristo. Mi auguro che l’edizione italiana faccia lo stesso.