Tratto da: “Un anno con S. Eugenio e i suoi Oblati” di p. Fabio Ciardi. 9 marzo. 

_

Sulla missione specifica dell’Oblato.

Siamo, o dobbiamo essere, santi sacerdoti che si ritengono felici, felicissimi, di consacrare i beni, la salute e la vita al servizio e per la gloria di Dio. Stiamo sulla terra, e particolarmente nella nostra casa, per santificarci aiutandoci con l’esempio, la parola e la preghiera. Nostro Signore Gesù Cristo ci ha affidato la missione di continuare la grande opera della redenzione degli uomini. È unicamente verso questo scopo che devono tendere tutti i nostri sforzi; fintanto che non avremo impiegato tutta la nostra vita e versato tutto il nostro sangue per riuscirvi, non ci resta che tacere; a più forte ragione, se abbiamo dato solo qualche goccia di sudore e magre fatiche.

Questo spirito di dedizione totale per la gloria di Dio, il servizio della Chiesa e la salvezza delle anime, è lo spirito proprio della nostra Congregazione, piccola, è vero, ma che sarà sempre potente finché sarà santa. Bisogna che i nostri novizi si impregnino di questi pensieri, che li approfondiscano e li meditino spesso. Ogni Società nella Chiesa ha uno spirito proprio; esso è ispirato da Dio secondo le circostanze e i bisogni del tempo in cui piace a Dio suscitare questi corpi di riserva, o, per meglio dire, questi corpi scelti che si spingano all’avanguardia dell’esercito nella marcia, che lo superino in coraggio e che ottengono così le più clamorose vittorie. (Eugenio de Mazenod, a p. Tempier, 22 agosto 1817, “Écrits oblats”, 6, 38)