III domenica del Tempo Ordinario – Anno C
Letture: Ne 8,2-4.5-6.8-10Sal 181Cor 12,12-30Lc 1,1-4; 4,14-21

La liturgia della Parola di oggi sembra uno di quei film in cui si viaggia continuamente nel tempo; passato e presente si rincorrono, si richiamano, si sfidano, si combattono, si confrontano, si intrecciano. Ma tutti i voli Pindarici che la Parola ci fa compiere oggi, atterrano e finiscono su quell’Uomo seduto nella sinagoga di Nazareth, che dichiarava apertamente che tutti quei viaggi nel tempo trovavano spiegazione e senso in Lui, centro della storia e compimento di antiche profezie.

La protagonista di questi viaggi nel tempo è la Parola di Dio.
Il punto iniziale è il quinto secolo avanti Cristo. Nel secolo precedente la gran parte del popolo d’Israele fu deportato a Babilonia, dove visse un lungo esilio. Il tempio di Gerusalemme fu distrutto, l’identità ebraica cancellata, la cultura azzerata, la religione demolita; al posto del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe si veneravano vari dei cananei. Con la vittoria dei Persiani sui Babilonesi, il popolo che aveva vissuto l’esilio, e che era riuscito a conservare gli usi, i costumi, le tradizioni e la fede di Israele, ritorna a Gerusalemme, ed è chiamato a far rinascere tutto ciò che si era perso. Si ricostruisce il Tempio, e si avvia una serie di riforme politiche, sociali e religiose per riportare Israele ai fasti del passato. Queste riforme toccano l’apice con i personaggi incontrati nella prima lettura, Esdra e Neemia, che per dare inizio ad una nuova era del popolo, organizzano una grande liturgia, sotto le mura della città appena ricostruite, mettendo al centro la Parola di Dio. Questa viene letta e proclamata solennemente per sancire la rinascita; ed è bella la reazione che il popolo ha appena Esdra apre (srotola) il libro della Torah: il popolo impazzisce di gioia! Anzi, chi descrive quel momento va addirittura in confusione… dice che il popolo piange e ride! Il popolo è commosso, esulta di gioia fino alle lacrime!

La rinascita di un popolo avviene attraverso la Parola di Dio. E ciò vale anche per noi. Un popolo, una società che sembra andare allo sbando, può rinascere solo partendo dalla Parola di Dio rimessa al centro.

Secoli dopo quegli avvenimenti, poi – ecco il primo salto nel tempo – troviamo Gesù che va a Nazareth, il villaggio dove aveva vissuto per i primi 30 anni; si reca nella sinagoga del paese (da “buon cristiano”, potremmo dire…) per continuare a fare un gesto che si faceva da secoli (…e che facciamo anche noi la domenica): prende un brano della Scrittura e lo commenta. E ci fa fare un secondo viaggio nel tempo: si va alla profezia antica di un profeta anonimo, contenuta nel libro di Isaia, in cui Dio fa delle promesse concrete al suo popolo: la sua venuta, che coinciderà con un periodo di grazia (il “giubileo”: arriviamo ad oggi!) in cui ci saranno dei frutti visibili: ai poveri viene annunciata la buona notizia, ai ciechi è ridata la vista, ai prigionieri la libertà, ecc… tutto cose molto concrete. E dice, facendoci compiere ancora un volo, che tutte quelle promesse antiche si realizzano in quel giorno, in quell’epoca – o meglio – in quella persona. “Oggi” si compie questa scrittura; oggi, in me, nella mia persona, si realizzano le promesse di Dio”.
(A proposito: brevi davvero le omelie di Gesù; duravano giusto una frase!)

Tutte le profezie, tutte le parole, tutte le promesse, tutto ciò che Dio dice si realizza in una persona che, con la sua vita, ha preso tutto ciò e lo ha fatto vivere in sé. Il “Verbo si è fatto carne”, la Parola ha preso consistenza, le promesse vaghe trovano finalmente concretezza.

Ma c’è un ultimo salto temporale da compiere, perché dal passato bisogna arrivare qui, a questo “oggi”. Questo salto ce lo fa fare un po’ involontariamente l’evangelista Luca, quando all’inizio del brano che abbiamo letto spiega il motivo per cui ha scritto il suo Vangelo. Luca dice che prima di lui qualcuno ha “tentato di raccontare” gli eventi che riguardano Gesù, così anche lui si è voluto cimentare in una “ricerca rigorosa” sugli stessi fatti. Luca parla di “tentativi” del passato, e di qualcosa di realizzato nel presente. Un po’ presuntuoso Luca? Probabilmente no, anche lui cercava di mettere un po’ di ordine tra le tante cose che circolavano all’epoca… Ancora un prima e un dopo, un passato e un presente; ancora parole vuote contro parole certe; ancora tentativi contro realizzazioni.
E qui il salto temporale tocca a noi.
Passare dai tentativi alla realizzazione. Prendere sul serio la Parola di Dio e portarla nel nostro “oggi”, realizzandola vivendola. Dovremmo poter dire al mondo che la Parola è vera, efficace, reale, produce effetto quando trova carne in qualcuno disposto a viverla seriamente. Siamo chiamati anche noi a dare compimento alle promesse di Dio passando dal verbo, dalle parole scritte, alla parola di carne. Affinché possiamo anche noi, ciascuno di noi, dire “oggi, in me si è compie la Parola di Dio”. Non possiamo più permetterci di essere ancora “quelli dei tentativi”.
Le antiche profezie, le promesse di un tempo, si possono realizzare se c’è qualcuno disposto ad avere, anche oggi, il coraggio della concretezza!