Scolastica Andrich nacque il 17 marzo 1921 a Vallada Agordina (BL) dove frequentò fin da giovanissima l’Azione Cattolica e la parrocchia. Alla scuola di Albino Luciani, allora cappellano e futuro papa Giovanni Paolo I, imparò il senso dell’umiltà come dote fondante per chi si dedica all’apostolato. La sua vocazione particolare era di “offrire la propria vita per la santificazione dei sacerdoti“. Una scelta chiara, decisa, in linea col suo carattere e che, a 26 anni la portò ad una consacrazione totale a Dio.

Nel 1963, alla morte dei genitori, andò ad assistere un anziano zio continuando le tante attività che facevano di lei il punto di riferimento di tutta la parrocchia. Attingeva  all’Eucaristia quotidiana e dalla devozione mariana la sorgente e la forza per ogni suo impegno.

L’incontro con i Missionari Oblati avvenne nel ’68, in occasione di un campo estivo dei giovani. Scolastica si accorse che quei sacerdoti “vivevano in un’altra maniera” e che la “trattavano da sorella“. Nel ‘69 gli Oblati animarono una missione popolare a Vallada e in quella occasione Scolastica conobbe p. Marino Merlo, col quale avrà per tutta la vita un legame molto stretto. Da quell’anno, ogni estate gli Oblati, i giovani e i novizi trovarono in lei una presenza attenta e pronta ad intervenire nelle mille necessità del quotidiano.

Scolastica conobbe tramite gli oblati, il movimento dei focolari e le lettere che in quel periodo scrisse a Chiara Lubich, la fondatrice, rivelano la sua progressiva maturazione spirituale.

Dal 1974 al 1981, su sollecitazione di p. Merlo, andò a Roma, ad assistere la signora Solina, benefattrice degli oblati. Alla morte della signora, si trasferì a Marino, dove si mise al servizio della comunità. Il suo apostolato sarà quello di: servire ed amare giovani e padri oblati, occupandosi del guardaroba, donandosi a tutti con amore e dedizione, riconoscente a Dio per questo. Ma oltre e più del suo prezioso servizio in lavanderia, ha vissuto dal di dentro tutti i momenti della vita della comunità di Marino, portando con i padri il peso della pastorale delle vocazioni e della prima formazione. Condivise la missione educativa dei formatori, rivelandosi una preziosa collaboratrice alla crescita umana e spirituale di tanti futuri missionari oblati.

Consapevole e grato del servizio che Scolastica aveva svolto e svolgeva, il superiore generale di allora, p.Marcello Zago, il 18 maggio 1997, le volle conferire il titolo di Oblato onorario. Un titolo concesso nella storia della famiglia oblata a pochissimi laici i cui legami con l’ideale e i fini della Congregazione siano riconosciuti anche nell’ambiente in cui vivono. Nel caso di Scolastica era la naturale conseguenza di tutta una vita totalmente dedicata a Dio, alla Chiesa e alla nostra famiglia religiosa. La lavanderia della comunità oblata di Marino è il luogo, forse un po’ singolare, nel quale Scolastica ha incarnato il carisma di sant’Eugenio e vissuto la sua vocazione di consacrata. “Andare verso i poveri e i bisognosi, che per me possono essere solo i fratelli che passano in guardaroba“. Sono le sue stesse parole che esplicitano bene la missione d’amore che ha svolto fin quasi alla sua morte, il 6 gennaio 2003. (Elide Ceragioli)

Un estratto della testimonianza che Scolastica Andrich ha pronunciato nel pomeriggio del 18 maggio, dopo aver ricevuto il titolo di ‘Oblato onorario’:

File_000-5Quando il lunedì dell’Angelo del 1968 vidi, alla fine della S. Messa, entrare Ettore con due sacerdoti, non pensai proprio che da quel giorno la mia vita sarebbe cambiata. Tornai di corsa a casa a dar la colazione al barba Berto che assistevo da anni quale governante, così egli mi chiamava. Poi di corsa giù in canonica a prendere i fiori da portare a San Simon per preparare la Chiesa per un Matrimonio.

Tornata a casa trovai la porta aperta. Entrata da barba Berto, che stava ancora a letto, sentii uno di quei sacerdoti dire: “sì, sì, la casa è grande e bella; spostando un po’ i mobili, liberando metà soffitta, tutto sarà a meraviglia per il campeggio”. Barba Berto disse che se le nipoti acconsentivano, lui sarebbe stato felice che la cosa si facesse. Fremevo dentro di me perché vedevo rotta la mia tranquillità, ma cercai di nascondere il mio intimo perché troppo grande era la mia venerazione per il Sacerdozio. Mi dissero che, se c’era qualcosa in contrario li dovevo avvertire e mi lasciarono l’indirizzo: sarebbero tornati a giugno per preparare. Dirò la verità, sperai che non tornassero più; a me bastava la parrocchia, che da tanti anni ormai era diventata la mia vita. Invece tornarono a giugno e buttarono la casa per aria. Io tacevo e fremevo, ma poi la carità cristiana e il grande amore per il Sacerdozio fecero sì che cominciai a cambiare, tanto che quando ad agosto arrivarono per il campeggio, guardai tutti più benevolmente. Erano una quindicina di ‘giannizzeri’ scatenati e due padri. Io non avrei dovuto far niente per loro: una signorina del paese faceva loro da mangiare. Ma, dopo pochi giorni portarono i ragazzi in Pianezze, una montagna vicina, e lì scoppiò un temporale, così tornarono tutti bagnati. Vidi i ragazzi giù dalla fontana alle prese con i pantaloni, perché non essendo abituati alla montagna avevano camminato più con il sedere che con le gambe! Cercai di aiutarli e da allora… quanti pantaloni che ho lavato!

Ricordo che in quei giorni venne un nipote e sentendo dei rumori sopra, chiese a barba Berto se gli dessero fastidio e lui disse di no. Già!, lui era sordo e non sentiva quasi per nulla il fracasso che si faceva di sopra: ne sa qualche cosa p. Fausto. Solo che io allora non ero ancora sorda. Dico la verità che specialmente la sera quando entravo in camera mi sembrava che mi cadessero in testa: la casa tremava tutta come ci fosse il terremoto. Quando poi questo nipote chiese anche a me se mi davano fastidio, dissi con sincerità che non disturbavano affatto. Stavo convertendomi.

Alla fine del campeggio i ‘giannizzeri’ se ne andarono per gli esami di riparazione e rimasero per alcuni giorni con p. Marino, p. Angelo ed Ettore, quelli che furono i primi Novizi di Marino: Fabio, Rino, Peppino e Celso che per una caduta dalla montagna sembrava dover rimanere menomato per sempre, invece con la bravura e la pazienza dei dottori e con le nostre preghiere a S. Eugenio guarì bene. Quando questi giovani assieme ai padri se ne andarono, chiesi a p. Marino se sarebbero tornati e lui mi disse che non lo sapeva; fu per me come una doccia fredda. Ma con Barba Berto e la gente del paese incominciammo ad aspettarli perché avevamo capito che vivevano un cristianesimo un po’ diverso, sapevano amare tutti ed amarsi tra di loro. Tornarono per l’Ordinazione e la Prima Messa di p. Ettore e poi per una Missione, tornarono per i campeggi d’estate e per qualche giorno d’inverno: tutte le occasioni diventavano buone perché avevano capito che la casa di Barba Berto diventava un po’ casa loro.

Il 19 novembre 1974 Barba Berto se ne andò in Paradiso e dopo un po’ scesi a Marino per andare a Roma con la signora Solina. L’impatto col nuovo ambiente fu terribile. Arrivai a Roma e proprio in quei giorni ci fu la beatificazione del Fondatore degli Oblati (19 ottobre 1975, ndr.). Fu una cosa bellissima. Vidi tanti missionari, tanta gente di tutto il mondo ed il mio cuore si dilatò al vedere una Chiesa grande, bella, universale. Mi costò molto abituarmi a Roma, abituata al mio paese dove passavano due o tre macchine al giorno. A rompere un po’ la monotonia della casa venivano ogni tanto da Marino e Vermicino Padri e giovani a trovare la signora Solina ed io intanto conoscevo sempre più gli Oblati, leggendo anche le gesta, la vita non solo del Fondatore, ma anche dei suoi missionari al Polo Nord e in Africa. E conoscendoli li amavo. La Signora Solina, poi, aveva una predilezione, una venerazione per p. Messuri che, diceva, l’aveva guarita. Il giorno di Natale 1981, a mezzogiorno, lei mi morì tra le braccia. Dopo tornai a Marino dove sono attualmente cercando con amore e donazione di servire ed amare giovani e Padri.

Da quel lontano 1968 quanti giovani ho visto e conosciuto. Ricordo a Vallada per il campeggio: cantavano, giocavano, lavoravano, ma soprattutto pregavano, lì, nella chiesa di Andrich, o per i viottoli della montagna. E quanti sentirono proprio là la chiamata ad essere tutti di Gesù..

Prego ogni giorno per tutta la Congregazione, per tutti i Padri e i Fratelli che conosco, quelli che ho seguito con amore e che ora sono in Senegal, Camerun, Uruguay, Paraguay, Corea, Tailandia, Lourdes, Canada… oppure qui in Italia. Di tutti ho un bel ricordo ed è sempre una gioia quando tornano a Marino a farci visita. Ricordo con commozione Eugenio (Mario Baron) andato in Paradiso da Scolastico a 22 anni, e P. Giovanni Santolini che troppo presto è volato al Cielo; sono sicura che da lassù ispireranno tanti giovani a prendere il loro posto. Ricordo Lavinia con la quale vissi qui a Marino diversi anni; Lavinia che tanto aiutò ed amò i suoi “Santi Padri”, come lei li chiamava.

Sento il dovere di ringraziare p. Zago, Superiore generale, per questa Oblazione che mi ha conferito, per il Crocifisso che mi ha donato a nome di tutta la Congregazione. Di questo onore io mi sento tanto commossa e confusa, perché mi pare di aver fatto semplicemente la Volontà di Dio. Ma sto pensando che, forse, questo sia un po’ la risposta Sua, perché da giovane soffrivo: non potevo essere sacerdote e mi consolavo dicendomi che sarei stata per sempre di aiuto ai sacerdoti. Ora comprendo chi erano i sacerdoti per i quali il Signore voleva che io dedicassi la mia vita. Erano, sono, i Missionari Oblati di Maria Immacolata.